venerdì 7 settembre 2018

MARCEL DUCHAMP 2


Duchamp a un certo punto abbandonò la pittura, anzi lasciò ogni genere artistico sino ad allora conosciuto ideando il ready mades, il già fatto, esponendo come in questo caso due oggetti già belli e pronti, uno sgabello con sopra una ruota di bicicletta, esponendoli al museo come un’opera d’arte tradizionale. Lo spostamento di oggetti che nel loro contesto hanno una valenza di utilità in un altro ambito che è quello museale della bellezza li svuota di significato, esposti perdono la propria funzione, diventano inutili ma acquistano tramite l’inutilità la qualifica di opere d’arte, d’altronde l’opera d’arte non si distingue per il suo non essere utile? Duchamp stravolge tutto e ironizza su tutto ma con molta filosofia, infatti unisce due oggetti che sono uno il contrario dell’altro, lo sgabello serve per sedersi mentre la ruota per spostarsi. Tutto incomincia a Parigi, con l’incontro di una ruota con uno sgabello, con Duchamp che salta ogni confine, l’arte dilaga non solo con il movimento e la performance già propri del Futurismo, l’arte diventa non arte, tutto è arte e quindi niente è arte. Essì l’arte diventa un concetto, una rappresentazione mentale, un’idea. Nell’opera dello sgabello/ruota possiamo quindi vedervi anche la volta celeste che si appoggia sulla base/terra oppure l’esaltazione della ruota come iniziale invenzione dell’uomo primitivo, che si evolve con l’uomo diventando cerchio di bicicletta, ricordo che agli inizi del Novecento la bicicletta era un mezzo veloce, e poi ruota di auto e di aereo, rondella di ingranaggio e altro. Ognuno nella nuova opera di Duchamp può vedervi ciò che vuole anche la bellezza di un cerchio coi raggi similitudine della Terra coi meridiani.

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