Duchamp a un certo punto abbandonò la pittura, anzi lasciò
ogni genere artistico sino ad allora conosciuto ideando il ready mades, il già fatto, esponendo come in questo caso due
oggetti già belli e pronti, uno sgabello con sopra una ruota di bicicletta,
esponendoli al museo come un’opera d’arte tradizionale. Lo spostamento di
oggetti che nel loro contesto hanno una valenza di utilità in un altro ambito
che è quello museale della bellezza li svuota di significato, esposti perdono
la propria funzione, diventano inutili ma acquistano tramite l’inutilità la
qualifica di opere d’arte, d’altronde l’opera d’arte non si distingue per il
suo non essere utile? Duchamp stravolge tutto e ironizza su tutto ma con molta
filosofia, infatti unisce due oggetti che sono uno il contrario dell’altro, lo
sgabello serve per sedersi mentre la ruota per spostarsi. Tutto incomincia a
Parigi, con l’incontro di una ruota con uno sgabello, con Duchamp che salta
ogni confine, l’arte dilaga non solo con il movimento e la performance già
propri del Futurismo, l’arte diventa non arte, tutto è arte e quindi niente è
arte. Essì l’arte diventa un concetto, una rappresentazione mentale, un’idea.
Nell’opera dello sgabello/ruota possiamo quindi vedervi anche la volta celeste
che si appoggia sulla base/terra oppure l’esaltazione della ruota come iniziale
invenzione dell’uomo primitivo, che si evolve con l’uomo diventando cerchio di
bicicletta, ricordo che agli inizi del Novecento la bicicletta era un mezzo
veloce, e poi ruota di auto e di aereo, rondella di ingranaggio e altro. Ognuno
nella nuova opera di Duchamp può vedervi ciò che vuole anche la bellezza di un
cerchio coi raggi similitudine della Terra coi meridiani.
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