martedì 18 settembre 2018

MARCEL DUCHAMP 4


Nel dicembre del 1919, lasciando Parigi per New York, Duchamp porta un dono ai suoi amici e mecenati Louise e Walter Arensberg: un ready-made, un souvenir particolare, denominato Air de Paris. Un ready made è un oggetto di uso comune prelevato dal suo contesto quotidiano ed esposto come opera d’arte senza ulteriori interventi da parte dell’artista, se non l’atto mentale. Il primo a proporlo fu proprio Marcel Duchamp con la ruota di una bicicletta appoggiata su uno sgabello ed esposta come opera d’arte. Duchamp per questo souvenir acquistò una fiala vuota da un farmacista a Parigi e la riempì di aria parigina per donarla ai suoi amici. Una fiala con niente, l’aria non si vede né si sente, un’opera d’arte che non esiste. Eppure questa fiala diventa arte in quanto Duchamp ha l’idea di affermare che dentro c’è l’aria di Parigi, e sta dicendo la verità, perché l’ampolla è stata riempita a Parigi e cosa c’è mai di più bello che portare come souvenir l’aria e il profumo della città. Inoltre ha riempito la fiala con l’aiuto del farmacista ha quindi creato una specie di alchimia. Soffermarsi sul valore inutile ma allo stesso tempo ossessivo del souvenir, mi sembra d’obbligo, anzi mi domando se i tanti turisti o viaggiatori che si portano a casa in un vasetto la sabbia di una spiaggia lontana o l’acqua del mare siano degli epigoni dell’artista oppure degli ossessivi/compulsivi. Non bastava la mania dei tanti collezionisti di francobolli, orologi, monete, gufi, ecc.,  no Duchamp ci ha creato oltre ai souvenir classici anche i souvenir delle bottigliette di aria. Mi chiedo se la creazione di nuove idee, se benefica da una parte non crei all’opposto dei problemi, forse il rovescio della medaglia esiste anche con le idee e le fantasticherie. Nel 1949, l’ampolla si ruppe e venne riparata, creando un ulteriore domanda, l’aria è ancora quella di Parigi?


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