Capitolo 39
Era un finocchietto
speciale al profumo di menta
Lyuba stava distesa,
seminascosta dall’erba alta, osservando gli specchi d’acqua, che si allargavano
all’infinito, come pure infiniti sembravano i gruppi di volatili, di cui
sembravano pieni zeppi sia il cielo che le acque.
Milioni di
uccelli.
Lyuba era
immersa nella luminosità e nella la pace circostante, ancora più evidente in
quanto se girava il volto dalla parte opposta trovava il grigio delle ciminiere
industriali e il traffico della strada.
Si sentiva
appagata e felice immensamente grata alla bellezza della natura, stupita come
di fronte a un grande miracolo; mentre Rico era andato ad osservare il bottino
di carpe di due giovani pescatori dagli alti stivali.
Lyuba
sonnecchiando mentre il sole la riscaldava, pensava che tutto quel ricercare
sugli zingari e la sua ipotesi bislacca sul loro perpetuo girovagare per colpa
del silfio, era veramente assurda e strampalata.
Poi all’improvviso
ricordò.
Tanti anni
prima, si trovava con la bisnonna al mercato rionale, lei avrà avuto al massimo
cinque anni, una zingara, che non pareva neanche tale, offrì alla bisnonna dei
bottoni per mille lire, che furono acquistati.
La zingara le
disse che era scura e bella come i loro bambini, le chiese come si chiamava e
alla sua risposta la zingara disse che lei era un amore di zingarella poi le
prese le mani dicendole di strofinarle forte forte chiedendole che odore
sentisse.
Lyuba rispose
che sentiva odore di terra, la zingara tirò fuori da non so dove, come per
magia, un contenitore di rame decorato con dei graffiti, poi le diede un seme e
disse alla bisnonna: “Piantalo in
questo vaso con della terra di fiume, poi coprilo e tienilo al buio, appena
spunta il germoglio interra tutto, vaso compreso, all’ombra di un pozzo”.
La nonna bisa tornata a casa, andò al fiume a prendere della
terra, con Lyuba che le trotterellava accanto e assieme misero il seme nella
terra e la nonna lo coprì con un pezzo di stoffa bagnato d’acqua.
Lyuba andava
ogni giorno a sollevare un poco il pezzo di tela per sbirciare e fu lei che si
accorse per prima del germoglio, tre piccole foglioline.
La nonna fece
un buco con la vanga accanto al vecchio pozzo chiuso da una pesante lastra di
ferro, che era ornato da un gelsomino rampicante di colore giallo.
Si era
dimenticata tutto, eppure quella pianta era cresciuta, la bisnonna era morta
pochi anni dopo, ma Lyuba ricordava che la nonna la usava per cucinare il
coniglio e in agosto quando si apriva la caccia e il nonno acchiappava la lepre
le diceva: “Lyuba corri, vai al pozzo a prendere un po’ di finocchietto
selvatico che cucino una lepre in salmì coi fiocchi” e un po’ di quel
finocchietto lo metteva pure nel ragù che serviva per condire le tagliatelle.
Lyuba si
ricordava bene che la nonna diceva che era un finocchietto speciale al profumo
di menta.
Poteva essere
il silfio?
Si alzò e
chiamò a gran voce Rico, era eccitata al massimo.
“Che c’è devi
raccontarmi altro sugli zingari?”
Raccontò la
scoperta a Rico e poi e poi era troppo eccitata.
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