giovedì 16 marzo 2017

VIAGGIO IN FRANCIA XVI

In una decina di giorni abbiamo visitato un sacco di posti, partendo la mattina alle otto e ritornando verso mezzanotte, viaggiando per lo più su stradine sperdute dove non incontravamo nessuno e anche questo è stato molto bello, ci sentivamo “padroni” delle montagne e della natura selvaggia; i castelli li abbiamo cercati noi, ma la fonte “Fontestorbes” l’abbiamo incontrata per caso, non sapevamo della sua esistenza, lungo la provinciale, vicino al paese di Bèlesta. L’ho vista mentre osservavo la striscia d’asfalto fra i sassosi monti, un’oasi di freschezza, di muschio e di ombra. La fontana si trova ai margini della strada, una “perla” senza dover fare faticose scarpinate, si presenta con un portico monumentale, con una passerella che corre fra il fragoroso rumore delle cascate, la particolarità è che va ad intermittenza, questa fontana varia da una portata da 20/800 litri al minuto a 1800 litri, in un ciclo di circa 40 minuti. Un’antica leggenda narra che la grotta di Fontetorbes fosse l’accesso attraverso il quale si entrava in un posto magico dove vivevano, le “encontados”, fate che durante la notte uscivano, con le loro carrozze d’oro, per lavare la loro biancheria nella sorgente. Vicino a Fontestorbes, in una località chiamata Les Pierrets, viveva una ragazza giovane e carina di nome Angèle, sposata da poco. Mentre Angèle attendeva la nascita del suo primo bambino, una fata, che spesso trascorreva i suoi pomeriggi a Les Perrets, la invitò nel suo mondo fatato dentro la grotta, affinché potesse essere di buon auspicio per la vita del figlio che stava per nascere. La giovane donna accettò e in effetti la nascita risultò favorevole e sotto una buona stella. In segno del suo affetto, Angèle, ricevette dalla fata una bacchetta magica che le permetteva di realizzare qualsiasi desiderio. La bacchetta fu usata da Angèle con grande modestia, non per suo interesse, ma per donare la felicità al suo paese. Quando più tardi, diventò vecchia, sentendo avvicinarsi la morte, affidò la bacchetta magica ai suoi figli con il preciso incarico di mantenerla intatta e custodirla. Un saggio consiglio che non fu seguito perché ogni figlio ne pretese un pezzo e una volta rotta, la bacchetta diventò come un qualsiasi comune legnetto e non funzionò più. Un bel posto naturale e una bella favola, che ricorda quella della sibilla picena, su cui meditare… ciò che abbiamo, i nostri pregi, le nostre arti, cioè la nostra bacchetta magica, non sono “nostri”, li abbiamo ricevuti per fare del bene agli altri, a chi non li ha, nella vita si può sbagliare ma non si avranno rimorsi o rimpianti se non si è voluto solo il proprio tornaconto.

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