sabato 5 agosto 2023

LE LACRIME SALATE ALCHEMICHE DEGLI OCCHI DI HORUS DI UNA NUOVA VEGGENZA A cura di Gaetano Barbella


  LE LACRIME SALATE ALCHEMICHE DEGLI OCCHI DI HORUS DI UNA NUOVA VEGGENZA

A cura di Gaetano Barbella


Quando la testa – o la sua attività spirituale che chiamiamo mente – raggiunge il punto in cui non è più in grado di capire, in cui l’ordine dell’universo sembra frantumarsi, allora produce lacrime salate[1].

Il Caput Mortuum e il sale del vero pensiero

Figura 1: Allegoria del Caput Mortuum nel teschio legato al logo di Albrecht Dürer nell'atto di versare, della terza fase conclusiva alchemica. Crediti: Salamon Fine Art. 2018_Catalogo Durer.indd 45

In alchimia il Sale è uno dei Tre Principi, presenti sia nel cosmo sia nell’uomo: una triade mistica, composta dal sale, dal mercurio e dallo zolfo. Benché si presenti come una polvere bianca, inerte, il sale è uno dei grandi misteri e simboli dell’iniziazione. Nella tradizione alchemica esso era l’emblema di un patto sacro che non poteva mai essere rescisso, simile a quello che il neofita stringeva con la sua scuola o il suo maestro. «Il patto di sale» di cui parla l’Antico Testamento potrebbe avere un significato diverso da quello che gli viene di solito attribuito. Il Nuovo Testamento è meno evasivo al proposito: in Matteo, infatti, «sale della terra» sono gli eletti, ossia gli iniziati e non, come si tende oggi a pensare, quanti sono poco più che semplici contadini. Nei secoli lontani gli eletti sedevano al posto d’onore, «più in alto del sale», perché avevano conquistato il sale che avevano dentro di sé. Come si spiegherebbe altrimenti tutta l’importanza che nei convivi medievali veniva attribuita al salinum, ossia alla saliera? [...]

Gli alchimisti ponevano talora a emblema del sale il più semplice di tutti i sigilli: un minuscolo quadrato o un piccolo rettangolo. Con quelle quattro linee che descrivono uno spazio vuoto – come lo spazio fra l’Aria e l’Acqua – intendevano delineare i misteri dei quattro elementi o disegnare una bara? Il reverendo Brewer, un colto collezionista di idee curiose, totalmente ignaro di esoterismo, ci ricorda la consuetudine, tuttora esistente, di porre una manciata di sale nella cassa del morto.

C’è forse un nesso fra il sale e la morte? Un altro sigillo del sale – usato con frequenza nei gruppi alchemici rosacrociani – era un cerchio tagliato a metà da una linea orizzontale Θ . Quel sigillo deriva dalla theta maiuscola di Thanatos, che in greco significa «morte».

In numerosi testi alchemici il sale rappresenta il processo mentale, che è un processo di morte. Il sale è il residuo dell’attività spirituale che avviene nella nostra testa: come nelle triade alchemica, è la scoria che resta quando la vita è volata via, è il cranio, il caput mortuum, la polvere bianca residua dopo l’estrazione dell’oro. È la cenere del pensiero.

Quando la testa – o la sua attività spirituale che chiamiamo mente – raggiunge il punto in cui non è più in grado di capire, in cui l’ordine dell’universo sembra frantumarsi, allora produce lacrime salate[2].

Ma perché mai il pensiero – quel processo che ha prodotto la nostra tanto decantata civiltà di superficiale razionalismo – dovrebbe essere associato alla morte nei circoli arcani? Noi moderni non dovremmo invece sostenere che il pensiero è la nostra salvezza, la strada che ci condurrà alla terra promessa? Qualsiasi iniziato che abbia un granello di sale, inutile dirlo, contesterebbe questa interpretazione. L’autore anonimo di A discourse of Fire and Salt («Discorso del fuoco e del sale») spiega chiaramente che fra il sale e il fuoco avviene uno scambio mistico. Ci sono due sali, afferma questo adepto, l’uno nato dall’attività del fuoco e l’altro il residuo rimasto quando le fiamme si spengono, che è a sua volta «un fuoco potenziale». In questa perpetua interazione fra fuoco e sale che sta alla base del mondo fenomenico il sale rappresenta lo stato inerziale della morte. Nessun alchimista tuttavia sosterrebbe mai che una cosa può morire nel senso di essere esclusa per sempre dalla vita. La morte è un interludio fra una vita e l’altra.

Un tempo, però, esisteva il sale del vero pensiero, che non era neppure sfiorato dalla contaminazione della morte. Allora, anche le invenzioni delle menti più raffinate, come quelle dei poeti romani, erano saporite come il sale, erano salsae, ossia mordaci e facete. Di certo i versi sgorgavano di getto dalla mente dei loro autori; in latino salire significa «saltare», «guizzare fuori», da cui la parola saltatore: i latini sapevano che dalla sfera spirituale le idee penetravano d’un balzo nella mente dei poeti. Una parola dal suono così simile al nome di quel semplice condimento quotidiano non può che suggerirci qualche profondo significato riposto. Sono molti i misteri del mondo antico che la parola sale richiama: c’erano, per esempio, i Salii, quei «saltatori» splendidamente vestiti, danzatori dell’aria, che costituivano uno dei tanti collegi sacerdotali romani. Di loro sappiamo soltanto che cantavano e parlavano in una lingua incomprensibile, che erano votati al culto di Marte e formavano una confraternita esoterica. La lingua incomprensibile che parlavano era la Lingua degli Uccelli – ossia il linguaggio segreto dell’esoterismo – e i loro «salti» erano una forma di danza sacra[3].

Paradossalmente è in questo stato di disordine mentale che si realizza uno stato di neutralità e di volontà nella terapeutica ermetica.

La purità magica ed ermetica, e non purità religiosa, [...] integralmente intesa, è la neutralità cosciente ed inalterabile che noi conserviamo rispetto ai nostri simili. Ogni odio, ogni amore, direi ogni interesse dell’operatore ermetico nella riuscita di una cosa voluta, rende inutile, annulla, distrugge il risultato aspettato. [...] - La neutralità è di regola in ogni esame ponderato delle cose, ma nelle pratiche psichiche o ermetiche o magiche è assolutamente indispensabile. [...] E’ l’idea della più perfetta imparzialità che assume l’immagine del completo integrato [...] – (Nella Medicina Ermetica) l’operatore deve essere neutro, cioè non interessato, ora farsi credito, cercare la fama o il danaro significa interesse vivo alle risultanze. [...] - Quale è la filosofia che spiega la incompatibilità tra il potere mentale e l’imperfezione morale? Si contenti per ora di constatare il fatto, perché le idee correnti oggi sulla perfezione morale sono in conflitto con la verità esistente. Quando il mito parla dell’Eden o Paradiso terrestre dice che l’uomo comandava alle fiere perché senza malizia o nello stato di innocenza, cioè di incapacità a nuocere…la preparazione magica è la purificazione di cui la Vergine Immacolata, senza macchia, è il simbolo più nobile del cattolicesimo. I poteri spirituali non si acquistano né diventano effettivi che così. Inutile tentare altre vie.  [...] - La scienza divina non può essere confidata che agli uomini puri, cioè disinteressati personalmente e quindi indipendenti da ogni bisogno e spogli da ogni ambizione – il dare la scalata alla scienza secreta dei magi per solo apparente disinteresse è opera di stregone[4].

Una geomanzia moderna

Ed ecco che, nello stato di completo disordine mentale, entra in ballo, quasi per magia, una sorta di "lingua segreta degli uccelli" dell'esoterismo incomprensibile, una nuova geomanzia. La vecchia geomanzia è una tecnica divinatoria che deriva dal greco geōmanteía (geō “terra” e manteía “divinazione”) e significa “divinazione per mezzo della terra”. Essa mirava ad accordare l'orografia della terra con quella del cielo. Con questa parola s’intendeva una tecnica divinatoria elementare basata sull’ispezione della “terra” intesa come elemento fisico, quindi sull’ispezione di segni rilevabili sul suolo terrestre.

Nel passato il geomante gettava i rituali sassolini per terra e, dalla forma che assumevano vaticinava. Oggi con la nuova geomanzia sono i segni mappali di strade, case, fiumi ed altro che si sostituiscono agli antichi sassolini, per dar luogo a varie forme secondo la veggenza di un moderno geomante.

La geomanzia che io intendo è concepita secondo un moderno postulato della filosofia ermetica,  la sincronicità, che in un certo senso si sposerebbe con qualsiasi forma di sapere, con il quale possiamo analizzare e spiegarne il funzionamento.

«La sincronicità è un concetto introdotto dallo psicoanalista Carl Gustav Jung nel 1950. Egli la definì “un principio di nessi acausali”, ovvero il legame tra due eventi che, in contemporanea, influiscono l’uno sull’altro senza un nesso causale. Per rendere più chiaro tale principio Jung parlava di “coincidenze significative” e spiegò il fenomeno fornendo numerosi esempi. Tra questi, il caso di un signore che ordinò un vestito blu, ma per uno sbaglio del commerciante, si vide recapitare a casa un vestito di colore nero proprio il giorno del funerale del fratello, oppure il caso in cui lo stesso Jung, parlando con una paziente riguardo il sogno di quest’ultima riguardante una volpe, si imbatté realmente in una volpe. Naturalmente di esempi di questo tipo, e anche molto più sorprendenti, ce n’è moltissimi, e scommetto che anche a chi sta leggendo queste pagine sia successo almeno una volta nella vita qualcosa di simile. Per Jung la corrispondenza significativa tra i fenomeni è dovuta al fatto che psiche e materia sono due aspetti differenti della stessa e unica cosa, aspetti che sono supportati da fattori trascendenti incomprensibili”. Tuttavia, benché il principio di sincronicità possa mettere in discussione il concetto classico di spazio e tempo, di per sé sufficiente a spiegare concettualmente qualsiasi dispositivo divinatorio, l’eccezionalità dell’evento sincronico può mettere in dubbio la fondatezza del principio stesso.

E ricollegandomi al concetto alchemico dello stato del geomante con la sua cenere del pensiero (le lacrime salate): quando la testa – o la sua attività spirituale che chiamiamo mente – raggiunge il punto in cui non è più in grado di capire, in cui l’ordine dell’universo sembra frantumarsi, per effetto della sincronizzazione si determina il legame con un secondo evento estraneo che, in contemporanea, influiscono l’uno sull’altro senza un nesso causale. Sono due "terre" che entrano in sintonia vibratoria tale da permettere al geomante di "prevedere" (e non "predire") un certo segreto conservato nella "terra" esaminata (le linee di una mappa geografica fra case, strade, fiumi e altro).

Ma ho titolato questo capitolo "Le lacrime salate alchemiche dell'occhio di Horus di una nuova veggenza, la geomanzia moderna" e non ho spiegato perché. Tuttavia ci mettono sulla strada due cose, il vedere le mappe delle località terrestri per trarne le cartografie geomantiche e poi il potere che occorre per vedere grazie ad una condizione speciale della visione che è legata all'alchimia con la cenere del pensiero, meglio espressa da lacrime salate.

e se ne è parlato in precedenza. Insomma tutto il segreto sta nella vista ed è speciale, ma non proviene da una mente normale che fa capo ad una fervida immaginazione. No e parlo del mio caso, perchè essa è stata sempre buia sin dalla nascita a causa di una malattia chiamata afantasia.

L'afantasia è la condizione della mente che non è capace di visualizzare nessuna immagine mentale, come se l'occhio della mente fosse completamente cieco. Il termine inglese aphantasia è stato proposto dal professor Adam Zeman dell'università di Exeter che ha pubblicato l'unico studio attualmente disponibile sull'argomento. Il termine "afantasia" significherebbe esattamente il contrario della parola greca phantasia (a-phantasia, con alfa privativo) con la quale Aristotele definiva il potere dell'immaginazione della mente umana. Il fenomeno è stato descritto da Francis Galton nel 1880, ma è rimasto in gran parte non studiato da allora. Ad alcune persone manca completamente, o in parte, la capacità di visualizzare o di richiamare nella propria mente immagini, parole, suoni, sapori, odori, altro. Lo studio, pubblicato dal team di ricercatori della University of Exeter Medical School sulla rivista di neuroscienze Cortex, ne esplora per la prima volta la natura: in alcune persone congenita, in altre connessa a patologie pregresse o interventi chirurgici avvenuti in precedenza[5].

L'immagine delle lacrime salate alchemiche degli occhi di Horus

Figura 2: L'occhio sinistro di Horus e le sue parti tradotte in frazioni.

Mette sulla strada della comprensione degli occhi di Horus sulla vista speciale per leggere le mappe topografiche e trarne le cartografie geomantiche l'occhio sinistro di Horus rappresentato con la fig. 2. Un occhio intero rappresentava l'unità, ma...

Non si è notato nulla di strano? Se provate a sommare tutti i pezzi, vedrete che si ottiene 63/64 e non 64/64! Manca all'appello 1/64!

In questo caso, però, gli egiziani ci hanno dato una spiegazione: "l'1/64 mancante sarebbe comparso grazie a una magia di Thot."

Tutto ciò esprime (in maniera certo molto suggestiva) che in generale nell'eseguire una divisione non importava andare oltre la approssimazione del risultato esatto per 1/64[6].

Ora immaginando che gli antichi egizi dovevavo saperla lunga sull'aritmetica dell'occhio di Horus in stretta relazione con la magia di Thot, per cominciare, non resta che esaminare il bazar dei geroglifici egizi che ne son tanti. Però la ricerca non è difficile essendo limitata all'occhio di Horus, onnipresente un po' ovunque tra i reperti archeologici dell'antico Egitto. Ci mette sulla giusta strada il fatto che si debba considerare anche l'occhio destro.E qui ora le cose si fanno semplici perché c'è l'imbarazzo della scelta. E l'attenzione non può che essere rivolta ad un reperto archeologico in particolar modo, però ve ne sono altri simili. Si tratta della stele marmorea di Nebipusesostri risalente al regno di Amenemhet III, fig. 1. Su di essa si possono leggere le annotazioni sul culto di Osiride Abido.

Figura 3: Stele marmorea di  Nebipusesostri risalente al regno di Amenemhet III. Fonte: «Come leggere i geroglifici» di Mark Collier e Bill Manley, pag. 58.

Come si vede nella fig. 3, sulla colonna di centro si nota con chiarezza in alto il geroglifico che si sta cercando. E con gran soddisfazione, non senza meraviglia, si scopre qualcosa di nuovo posto fra i due occhi di Horus. Più da vicino riporto di seguito con la fig. 4, i dettagli che vi riguardano. Premetto che tutte queste cose sono state tratte dal libro edito da Giunti, «Come leggere i geroglifici» di Mark Collier e Bill Manley.


 


Figura 4: Traduzione di alcuni geroglifici della stele marmorea di  Nebipusesostri risalente al regno di Amenemhet III. Fonte: «Come leggere i geroglifici» di Mark Collier e Bill Manley, pag. 58.

Non c'è bisogno di esaminare l'intimo significato recondito racchiuso in questi simboli che, peraltro, sembra trasparire stimando esatta l'interpretazione relativa data dagli autori del libro citato (quella accanto ai simboli sopra raffigurati). Perciò il ragionamento sarà limitato alla possibile spiegazione che può portare alla risoluzione dell'incognita numerica pari a 1/64.

Semplice, a questo punto, per immaginare che quei tre piccoli simboli posti in basso sotto i due occhi in causa, potendoli tradurre in frazioni, diano la risposta alla presunta magia di Thot. Infatti se poniamo 1/128 (la metà di 1/64) al posto di ognuno dei due simboli esterni e 1/64 (che è la loro somma) a quello centrale, ci troviamo di fronte a una terna di valori, la cui somma è 2 volte 1/64. Giusto 1/64 per ogni occhio.

Ma quello che volevamo sapere sull'occhio di Horus in stretto legame con le lacrime salate dell'alchimia ora appare chiaro nell'apprezzare per questo la fig. 4 in cui sono poste in risalto tre lacrime sgorganti dagli occhi di Horus definiti magnificamente

nfrw: perfezione, bellezza, meraviglia, splendore

 

Storia delle cartografie geomantiche mappali

Figura 5: Cartografia geomantica, zona Pavese, di Opicino de Canestris.

In merito alla storia, connessa alle cartografie geomantiche, scavando nel passato emerge la storia di Opicino de Canistris, un prelato di Pavia nato il 24 dicembre 1296 a Lomellina (PV).

Fu  attivo presso la corte papale di Avignone. Di lui si sa che si distinse come cartografo, ma soprattutto come cultore di astrologia e studioso delle tradizioni popolari delle sua natia Lomellina. Disegnò un gran numero di carte antropomorfizzate e generalmente intese in senso “morale” (fig. 5).

Attratto dalle credenze della mitologia celtica si dispose a tradurle in latino insieme alle storie longobarde. È significativo uno squarcio interessante della sua vita: Opicino aveva ossessione da morire del caprone, il simbolo per il mondo cristiano del male e dell'anticristo. La cosa lo conturbò non poco da indurlo, a disegnare con dovizia, essendo un cartografo di talento, la carta del Mediterraneo come un enorme osceno caprone, attraverso cui l'Europa e l'Africa si univano in atto carnale in sembianze femminili. Oltre a ciò, come già suddetto, disegnò tante altre configurazioni basate sullo stesso criterio.

Opicino de Canistris morì nel 1352 nella sua Pavia cui aveva dato sé stesso in eredità, se non altro attraverso le sue incomprese cartografie, rimaste ironicamente alla storia dei suoi eredi come «un Noè malato che cerca di mettere nella sua Arca di carta, ciò che può salvare della terra e di sé stesso».

Occorre procedere poi fino al 1929, ch’io sappia, allorché la scultrice inglese Katharine Malthwood, attraverso un suo libro Il Tempio delle Stelle di Glastonbury, afferma destando molto scalpore all’epoca di avere scoperto un gruppo di enormi figure distribuite nella campagna di Somerset a sud di Glastonbury dell’Inghilterra (fig. 6).

Queste figure, delineate dai contorni naturali di fiumi, sentieri, strade, colline, fossati e terrapieni, rappresenterebbero i segni dello zodiaco astrologico.

Figura 6: Il Tempio delle stelle di Glastombury di  Katharine Malthwood. Tratto da: Atlante dei luoghi misteriosi, a cura di Jennifer Westwood, pag 14. Ediz. Euroclub.


Un’altra inglese, Mary Caine, con certezza almeno fino al l995, prosegue i suoi studi e ricerche sulla scia della suddetta Malthwood. In un articolo apparso su I Misteri, edizione Cioè di marzo 1997, a firma Antonio Bonifacio, si parla diffusamente del caso Malthwood anzidetto, oltre che nel libro Atlante dei luoghi misteriosi, a cura di Jennifer Westwood, pag 14. Ediz. Euroclub.

Ad essere preciso, allorché iniziai ad intuire e poi disegnare le prime cartografie geomantiche mappali, non sapevo nulla di Opicino de Canestris, né di Katharine Malthwood e tanto meno di Mary Caine. Fu solo in seguito, leggendo l’articolo di Antonio Bonifacio suddetto, sulla rivista “I misteri”, che ne venni a conoscenza.

A questo punto mi profilo io all’orizzonte delle supposte manifestazioni geomantiche, sin dal 1993.

Brevi note dell’autore di moderne cartografie geomantiche mappali

Come appena detto, sin dal 1993 sono stato portato ad eseguire numerose configurazioni

Figura 7: Cartografia geomantica di Caserta. Il bambino veggente mi impersona. La sua testa è in corrispondenza di una mia abitazione (pi greco). La successiva è quella indicata dall'occhio di Ra.


cartografiche geomantiche, connesse alla morfologia mappale dei centri urbani e località della Terra in genere. In esoterismo queste configurazioni potrebbero rientrare in una certa realtà astrale.

A quel tempo cercai di darmene una spiegazione ritenendo di essere una sorta di sensitivo di nuovo genere, non contemplato nella casistica – mettiamo – dei noti veggenti che riguardano il mondo del cosiddetto paranormale. Tant'è che, ottenni di veder pubblicati i primi risultati delle mie cartografie geomantiche terrestri, prima sul periodico "Il Giornale dei Misteri" di giugno, nel 1997, e successivamente sul periodico "I Misteri", edizione Cioè. In seguito ci furono alcuni studiosi che mi contattarono per approfondire la tematica su queste mie configurazioni insolite e nel 1999 entrai in relazione con il Dott. Mauro Bigagli, il coordinatore della rivista Energie di "Studi. Ricerca e Scienza dello Spirito" di Cosentino. Mi parve un erudito personaggio carismatico e a giugno del 1999 mi scrisse una lettera in seguito ad una mia in relazione sulle mie configurazioni terrestri.

Non la riporto per intero ma solo per la parte che riguarda le surrealtà mappali in questione che è questa:

«...La sua sensibilità è tale che non può essere compreso facilmente dall’Uomo di oggi. Lei nelle sue cartografie vede una realtà astrale, appartenente ad una dimensione eterica che nessuno può concepire; questa è la verità. Ciò che dice è vero ma appartiene alla realtà dell’energia astrale. Ho approfondito molto le sue cartografie e questa è la mia conclusione. La sua sensibilità lo eleva e vede cose che altri non vedono. Lei ha una trance lucida...».

Non mancò di attrarmi, cosa inspiegabile all'inizio delle mie esperienze cartografiche geomantiche, la mappa di Pechino così lontana dall'Italia. Non passò che qualche giorno che fui preso nel vortice dei disegni di ciò che mi sembrò attinente a quelle mappe topografiche. Ne mostro di seguito una, quella di Pechino con le figure 8 e 9, che mi sembrarono molto avvincenti.

Figura 8: Cartografia mappale di Pechino rivolta a Nord. L'insana eucaristia.

Figura 9. Cartografia mappale di Pechino a rovescio. "Trasognate incerte gioie".


Figura 10: La pagina della rivista FOCUS n. 61 di novembre 1997. Riporta in evidenza la mia cartografia di Pechino.


A quel tempo la commentai così:

Scenari di una mente turbinosa

Un incipriato vanesio Cavaliere:

lo tradiscono due nei sul viso.

Con la realtà virtuale

or si diletta, che portento.

Gli sembra sano l'arto leso,

e rinnovato, il calor del corpo.

E, a coronar le sue delizie,

una regale dormiente

il suo bacio attende.

Ma il ragazzo in me non sembra dar ascolto.

Vaghi ricordi d'innocenza mestizia:

trasognate incerte gioie d'un giocar.

Costruir giunche con fragili legni,

e poi... sospinger mollemente.

Pareva d'esser in lontano mar, felice,

e pesci qua e là, ma il tempo

il tempo, non era in me.

Ma cosa vuol dire «il ragazzo in me»?

Figura 11: cartografia mappale di Castel del Monte  (Bari) e dintorni. operazione occulta "Mani pulite"). Opera dell'autore.


Il « ragazzo in me» sono io che il destino ha disposto lontano dal luogo di nascita, come svincolato dallo scenario che imprigionava il vanesio Cavaliere preso anche lui nella sua prigione, se pur al riparo di quella malefica "eucaristia". Sono frequenti cartografie relative a mappe poste a rovescio che non riguardano situazioni del mondo reale, ma della dimensione astrale; questa è la differenza con le corrispondenti disegnate al contrario.

La cartografia mappale di Pechino della fig. 8 fu anche riportata sulla rivista FOCUS n.61 di novembre 1997, della quale ho mostrato sopra la pagina relativa con la fig. 9.

Oggi a distanza di tempo, alla luce dei fatti della pandemia del Covid-19, mi sono convinto che la cartografia della fig. 8 si lega al sorgere di questo male, giusto in Cina a Wuhan. Ma è vero anche che era a Pechino la "centrale" occulta del male e del bene di tutta la Cina storica dei loro imperatori e con essa poi di tutto il mondo degli imperatori. Possono mai restare inpuniti coloro che hanno causato questo terribile male che ha seminato tanti morti la nostra terra di questi tempi? La cartografia di Pechino dell'illustr. 8, infatti reca il segno della ritorsione con una occulta mano verde che raccoglie la bava del malcapitato giovane contaminato dalla inasana "eucaristia", in uno strano sasso.

Quella stessa mano la ritroviamo in un'altra cartografia, che feci di lì a poco (fig. 11), del complesso mappale di tutta l'area di Castel del Monte (Bari) in cui, da un lato è rappresentato il volto sofferente del Cristo in basso a sinistra, e al lato opposto è rappresentata una verde mano occulta che lancia un sasso contro i tanti personaggi storici dei potenti della Terra, tutti con guanti neri.

Brescia, 6 luglio 2023

 



[1]https://markhedsel.blogspot.com/2015/08/il-mistero-del-sale.html

[2]Ibidem 1

[3]Fulcanelli. Le Dimore Filosofali. I, pg 96. Edizioni mediterranee.

[4]https://www.kremmerz.it/lo-stato-di-neutralita-e-di-volonta-nella-terapeutica-ermetica/

[5]  https://it.wikipedia.org/wiki/Afantasia

[6]http://progettomatematica.dm.unibo.it/NumeriEgitto/horus.html

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