Un paradosso sulla morte? Ma sembra che la morte, per Epicuro, sia coinvolta nei fatti dell'amicizia per disporla con un altro paradosso, quando dice: «Non abbiamo tanto bisogno dell'aiuto degli amici, quanto della certezza del loro aiuto», e poi: «Di tutte le cose che la saggezza procura per ottenere un'esistenza felice, la più grande è l'amicizia».
Eppure Epicuro poteva trarre la ricercata certezza dell’aiuto degli amici, attraverso la sua stessa concezione atomistica detta del «clinamen», quindi - come dire - in modo “matematico”. Tanto più che per Epicuro la condizione prima che permette di pensare alla realtà è l'atomo, atomo che per lui è come sperma. In tal modo Epicuro non presenta l'atomo fisico, ma il seme, cioè la forza vitale da cui nasce la realtà: esso infatti non ha estensione, ma è attivo, è in movimento. Nel principio attivo, dunque, c'è la capacità di determinare tutte le possibili realtà. Che cosa è la teoria del «clinamen», attribuita ad Epicuro? Secondo questa teoria gli atomi che scendono perpendicolarmente si incrociano e si legano dando vita ai corpi, perché alcuni gruppi di atomi deviano dalla loro perpendicolare, acquisendo una certa inclinazione, o «clinamen», che permette tale incrocio. Come si può capire Epicuro, con la concezione del «clinamen», disponeva il modo di pervenire alla certezza dell'incontro mettiamo di peculiari “atomi dell'amicizia” e questo doveva bastargli per non arrivare a porre la questione col detto «Non abbiamo tanto bisogno dell'aiuto degli amici, quanto della certezza del loro aiuto». In realtà la teoria del «clinamen» non figura nei testi di Epicuro, bensì in quelli di Lucrezio che, per trasmetterne il principio ad un pubblico indotto e dal lessico povero, ha dovuto far ricorso ad artefare l’originale concezione atomistica di Epicuro. Ma poi farò vedere che il concetto non cambia. Se si considera la concezione originale di Epicuro si trova soltanto che i corpi sono l'articolarsi degli atomi. Ogni atomo in sé non è né grande né piccolo e si muove in tutte le direzioni, quindi si incontrano continuamente. Per Epicuro non esistono da una parte gli atomi e il vuoto, e dall'altra le cose che si incontrano. Le cose sono quelle che sono; esistono, sono sempre, e consistono sempre in schemi. La condizione affinché esistano le cose è che ci siano atomi e vuoto, ma ciò non vuol dire che il vuoto stia da una parte e gli atomi dall'altra, dunque, non c'è alcun bisogno del clinamen. Quando gli atomi si incontrano, si dispongono in una figura piuttosto che in un'altra: per esempio, nel pensiero di Epicuro l'uomo è un incontro di atomi, ma se si fosse verificato un altro incontro, sarebbe sorta un'altra cosa. Comunque, questo incontro che ha dato vita all'uomo prima o poi si romperà, e sorgerà qualcosa di diverso. Non ci sarà più l'uomo, ma questo non importa, perché ci sarà un'altra realtà: questa è la teoria degli infiniti mondi possibili di Epicuro. Quale dunque la conclusione sulle perplessità iniziale? Non è escluso che, sul passato, gli storici ci riferiscono fatti tante volte per “sentito dire”, da un altro “sentito dire”: di qui, forse, un po’ di confusione su ciò che realmente pensava Epicuro, per esempio. Epicuro che per altro poco si preoccupava in realtà sulle suddette questioni del paradosso, tanto a lui bastava che la vita continuasse se pur basata su una realtà diversa. Dunque nulla veniva perso e che costituiva un potenziale di partenza. A questo punto perché darsi tanta pena per dar retta alla frase di Epicuro sulla morte? Gaetano
Gaetano, il tuo commento non fa una piega. Ti ringrazio di avermi rinverdito sul "clinamen". La frase di Epicuro io l' ho interpretata non come un paradosso ma semplicemente .... se non c' è morte non c' è vita.......sono legate, si nasce , si cresce, e quando si è nel pieno della maturità si muore , per poi rigermogliare, proprio come un seme....tutto sta a vedere dove e quando........quindi io la frase di Epicuro la interpreto così.....se vuoi amare veramente la vita non pensare alla morte come un fattore negativo, non renderti cioè la vita agra per paura della morte. Mi fermo, perchè non so più andare avanti. Buonanotte.
PS Ho sempre pensato, che chi muore "presto" avrà una specie di " una tantum" nell' aldilà.....del tipo che dovrà aspettare meno per rinascere.......... Ribuonanotte.
... Epicuro diceva che non dobbiamo preoccuparci, finchè c'è la vita, evidentemente, non c'è la morte. Ma quando ci sarà la morte, lei, la vita, non ci sarà più. Quindi, ogni preoccupazione al riguardo è inutile. Per questo, diceva, si deve vivere sereni. La paura della morte è un errore, almeno per i filosofi. Ma aveva ragione? Questo dipende dai nostri stati d'animo. Solo da noi. Tremiamo come le foglie al vento in autunno? Siamo come le foglie morte quando ancora siamo vivi? In questo caso siamo patetici e paradossali, ci preoccupiamo di qualcosa di veramente inutile. Siamo sfrontatamente irriguardosi verso la morte? Ce ne freghiamo (come il famoso detto dei fascisti del ventennio)? Allora siamo troppo leggeri.
Cosa ne penso io ? Per le mie esperienze, un pò dolorose, un pò no, come le tue, forse Paola mia, credo che siamo troppo giovani per preoccuparci di morire. Forse a novantanove anni avrò paura, un pò si, allora. Ma oggi, ancora no. Certo, lo so. Chissà, può sempre capitare qualcosa. Però, se è imprevedibile, un fuori programma, diciamo, perchè preoccuparmene? Certo, come diceva una volta Jhoan Baez, in un vecchio libro, non è che, dato che non mi preoccupo, poi vado a mettere la testa davanti alla canna di una pistola.
Piero, questa frase mi piace molto.... Tremiamo come le foglie al vento in autunno..... ecco i miei stati d' animo solitamente sono così, cerco di non avere paura, ma basta uno sguardo un po' truce, per sentirmi ferita e da lì.........pensare, pensare, pensare e di solito poi mi ritengo dalla parte del torto e ..... inadeguata . Buonanotte.
Non posso fare in modo che l'autunno ritardi la sua marcia. Ma posso invitarti a non temere di ingiallire. Pensare... pensare... pensare... per poi ritirarsi da parte? Sentirti inadeguata? Ma perchè, scusa, i tuoi pensieri, le tue parole (no, non sono Battisti) non escono direttamente dal tuo cuore? Allora, cosa puoi temere?
8 commenti:
niente !
Un paradosso sulla morte?
Ma sembra che la morte, per Epicuro, sia coinvolta nei fatti dell'amicizia per disporla con un altro paradosso, quando dice: «Non abbiamo tanto bisogno dell'aiuto degli amici, quanto della certezza del loro aiuto», e poi: «Di tutte le cose che la saggezza procura per ottenere un'esistenza felice, la più grande è l'amicizia».
Eppure Epicuro poteva trarre la ricercata certezza dell’aiuto degli amici, attraverso la sua stessa concezione atomistica detta del «clinamen», quindi - come dire - in modo “matematico”. Tanto più che per Epicuro la condizione prima che permette di pensare alla realtà è l'atomo, atomo che per lui è come sperma. In tal modo Epicuro non presenta l'atomo fisico, ma il seme, cioè la forza vitale da cui nasce la realtà: esso infatti non ha estensione, ma è attivo, è in movimento. Nel principio attivo, dunque, c'è la capacità di determinare tutte le possibili realtà.
Che cosa è la teoria del «clinamen», attribuita ad Epicuro? Secondo questa teoria gli atomi che scendono perpendicolarmente si incrociano e si legano dando vita ai corpi, perché alcuni gruppi di atomi deviano dalla loro perpendicolare, acquisendo una certa inclinazione, o «clinamen», che permette tale incrocio. Come si può capire Epicuro, con la concezione del «clinamen», disponeva il modo di pervenire alla certezza dell'incontro mettiamo di peculiari “atomi dell'amicizia” e questo doveva bastargli per non arrivare a porre la questione col detto «Non abbiamo tanto bisogno dell'aiuto degli amici, quanto della certezza del loro aiuto». In realtà la teoria del «clinamen» non figura nei testi di Epicuro, bensì in quelli di Lucrezio che, per trasmetterne il principio ad un pubblico indotto e dal lessico povero, ha dovuto far ricorso ad artefare l’originale concezione atomistica di Epicuro. Ma poi farò vedere che il concetto non cambia. Se si considera la concezione originale di Epicuro si trova soltanto che i corpi sono l'articolarsi degli atomi. Ogni atomo in sé non è né grande né piccolo e si muove in tutte le direzioni, quindi si incontrano continuamente.
Per Epicuro non esistono da una parte gli atomi e il vuoto, e dall'altra le cose che si incontrano. Le cose sono quelle che sono; esistono, sono sempre, e consistono sempre in schemi. La condizione affinché esistano le cose è che ci siano atomi e vuoto, ma ciò non vuol dire che il vuoto stia da una parte e gli atomi dall'altra, dunque, non c'è alcun bisogno del clinamen.
Quando gli atomi si incontrano, si dispongono in una figura piuttosto che in un'altra: per esempio, nel pensiero di Epicuro l'uomo è un incontro di atomi, ma se si fosse verificato un altro incontro, sarebbe sorta un'altra cosa. Comunque, questo incontro che ha dato vita all'uomo prima o poi si romperà, e sorgerà qualcosa di diverso. Non ci sarà più l'uomo, ma questo non importa, perché ci sarà un'altra realtà: questa è la teoria degli infiniti mondi possibili di Epicuro.
Quale dunque la conclusione sulle perplessità iniziale? Non è escluso che, sul passato, gli storici ci riferiscono fatti tante volte per “sentito dire”, da un altro “sentito dire”: di qui, forse, un po’ di confusione su ciò che realmente pensava Epicuro, per esempio. Epicuro che per altro poco si preoccupava in realtà sulle suddette questioni del paradosso, tanto a lui bastava che la vita continuasse se pur basata su una realtà diversa. Dunque nulla veniva perso e che costituiva un potenziale di partenza.
A questo punto perché darsi tanta pena per dar retta alla frase di Epicuro sulla morte?
Gaetano
Eh......Giardino il niente non esiste.
Ciao.
Gaetano, il tuo commento non fa una piega.
Ti ringrazio di avermi rinverdito sul "clinamen".
La frase di Epicuro io l' ho interpretata non come un paradosso ma semplicemente .... se non c' è morte non c' è vita.......sono legate, si nasce , si cresce, e quando si è nel pieno della maturità si muore , per poi rigermogliare, proprio come un seme....tutto sta a vedere dove e quando........quindi io la frase di Epicuro la interpreto così.....se vuoi amare veramente la vita non pensare alla morte come un fattore negativo, non renderti cioè la vita agra per paura della morte.
Mi fermo, perchè non so più andare avanti.
Buonanotte.
PS Ho sempre pensato, che chi muore "presto" avrà una specie di " una tantum" nell' aldilà.....del tipo che dovrà aspettare meno per rinascere..........
Ribuonanotte.
... Epicuro diceva che non dobbiamo preoccuparci, finchè c'è la vita, evidentemente, non c'è la morte. Ma quando ci sarà la morte, lei, la vita, non ci sarà più. Quindi, ogni preoccupazione al riguardo è inutile.
Per questo, diceva, si deve vivere sereni. La paura della morte è un errore, almeno per i filosofi.
Ma aveva ragione?
Questo dipende dai nostri stati d'animo.
Solo da noi.
Tremiamo come le foglie al vento in autunno? Siamo come le foglie morte quando ancora siamo vivi?
In questo caso siamo patetici e paradossali, ci preoccupiamo di qualcosa di veramente inutile.
Siamo sfrontatamente irriguardosi verso la morte? Ce ne freghiamo (come il famoso detto dei fascisti del ventennio)?
Allora siamo troppo leggeri.
Cosa ne penso io ?
Per le mie esperienze, un pò dolorose, un pò no, come le tue, forse Paola mia, credo che siamo troppo giovani per preoccuparci di morire. Forse a novantanove anni avrò paura, un pò si, allora. Ma oggi, ancora no.
Certo, lo so. Chissà, può sempre capitare qualcosa. Però, se è imprevedibile, un fuori programma, diciamo, perchè preoccuparmene?
Certo, come diceva una volta Jhoan Baez, in un vecchio libro, non è che, dato che non mi preoccupo, poi vado a mettere la testa davanti alla canna di una pistola.
Piero, questa frase mi piace molto....
Tremiamo come le foglie al vento in autunno.....
ecco i miei stati d' animo solitamente sono così, cerco di non avere paura, ma basta uno sguardo un po' truce, per sentirmi ferita e da lì.........pensare, pensare, pensare e di solito poi mi ritengo dalla parte del torto e ..... inadeguata .
Buonanotte.
Non posso fare in modo che l'autunno ritardi la sua marcia. Ma posso invitarti a non temere di ingiallire.
Pensare... pensare... pensare... per poi ritirarsi da parte? Sentirti inadeguata?
Ma perchè, scusa, i tuoi pensieri, le tue parole (no, non sono Battisti) non escono direttamente dal tuo cuore?
Allora, cosa puoi temere?
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