Io ti chiesi perché i tuoi occhi
si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo
in un oscuro flutto.
Mi hai guardato a lungo
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi hai detto poi, con gentilezza:
ti voglio bene, perché sei tanto triste
Hermann Hesse
8 commenti:
Carissima .Teoderica è' difficile commentare questa bellissima poesia.Comunque ti faccio i complimenti per i tuoi interessanti lavori.Un abbraccio, Salvatore lombardo.
Grazie Salvatore per la tua visita e grazie per il tuo apprezzamento, verrò poi a trovarti per vedere i tuoi lavori. Ciao.
Il piacere di leggerla e riflettere, Teoderica.
Bacio
Ciao Stella , le poesie scaldano il cuore.....un bacio anche a te.
“Io ti chiesi” fa parte della serie di poesie romantiche di Hermann Hesse composte fra il 1892 e il 1920. Il 1892 è anche l’anno della sua fuga dal seminario evangelico di Maulbronn a Tubinga dove fu avviato dai genitori agli studi teologici, cui coincise anche un tentativo di suicidio. E, naturalmente,l’abbandono ideale della religione dei suoi genitori.
Dopo un soggiorno in una clinica per disagi mentali, si trasferì prima a Tubinga e poi a Basilea (1895-1899), dove praticò la professione di libraio.
L’ordine con cui questa poesia viene presentata sul web la vede in testa, quasi a pensare che sia stata ispirata da Hesse in seguito ai fatti turbinosi del 1892. Forse proprio nel periodo di soggiorno nella clinica, tuttavia la conferma potrebbe venire leggendo il libro “Poesie romantiche” di Hermann Hesse. Edito da Newton e Compton, 1999.
Ma già dall’incip di questo libro si potrebbe risalire alla fonte di “Io ti chiesi”.
Si intitola “Alla bellezza” e questi sono i versi:
Sopra i giorni della mia infanzia
eran spiegate le tue ali -
o verdi vicinanze! O dorate lontananze!
E tu all′ultima sponda del cielo
creasti la mia terra di nostalgia.
Sopra gli anni della mia giovinezza
la tua mano era la mia guida -
donne gentili dai capelli ricci,
balli arditi e pericoli,
notti da pensatore sulla vita e sulla morte.
Ed ogni notte all′ultima sponda del cielo
rosseggiava la mia terra di nostalgia.
Balli e pericoli s′inabissarono
nel fiume tetro del tempo,
senza vicinanze, senza barriere
s′inarca la mia solitudine.
Dileguato è il verde, l′oro ed il cielo;
sopra la sponda dell′anima mia malata
si estende la mia terra di nostalgia.
Le mie braccia s′aprono spiegate
verso la sponda. La nostalgia spalanca
il mio sguardo sulla morte e sulla vita.
In ginocchio aspettano i miei versi -
ancora tornerà?
In ginocchio aspetto il mio destino.
Pronti sono alla festa i templi della mia terra di nostalgia.
Posso vederne le vette
da lì posso sentirne il profumo.
Se i miei occhi non sanno più vedere,
o Signora, mi porterà allora a casa
il misterioso barcaiolo?
Erano giorni di tremenda follia per Hermann Hesse e occorre provarli per capire il “bambino” in lui.
Gaetano
Caro Gaetano , ti ringrazio per il tuo approfondimento, io non sapevo della raccolta di" poesie romantiche" di Hesse, a volte mi imbatto in poesie con cui entro in empatia , mi scuotono e le pubblico nei post per regalare la stessa emozione, emozione di attimi condivisi e allora si può dimenticare che...........
Nessuno ci impasta più di terra e argilla,
nessuno alita sulla nostra polvere.
Nessuno.
Ciao Gaetano e grazie di avermi regalato un' altra bellissima poesia.
Teo, grazie per questa scelta. Hesse è una delle mie passioni, sia che si tratti di poesia che di prosa.
E' un maestro, le cui opere hanno inciso molto nella mia formazione.
Molto interessante il tuo lavoro. Complimenti.
baci
annarita
Annarita, grazie per l' interessamento alle mie immagini, le quali esprimono i miei pensieri prima delle parole. Un abbraccio.
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