martedì 4 maggio 2010

PEOPLE

NATASCIA

Natascia usciva con le cugine.

Le cugine erano più grandi di lei.

In auto parlavano di esistenzialismo, di morte, di fuliggine, di nero.

Natascia non capiva, a lei pareva tanto bella la vita.

Le cugine le volevano bene le dicevano : - Tu non sai niente- , ma se la portavano dietro, anzi convincevano il babbo a farla uscire con loro, anche se Natascia era troppo piccola per fare la ragazza.

Una sera dovevano andare al concerto all’ aperto dei Nomadi.

Pioveva a dirotto.

Andarono lo stesso.

Non c’ era quasi nessuno, quattro gatti in tutto.

C’ erano i Nomadi però e suonarono e cantarono lo stesso!

Natascia rimase sconcertata, quando sentì… Dio è morto, le pareva blasfemo, che importa il brutto, c’ è il bello che lo lenisce, Dio non può morire, pensava.

Alla fine del concerto, il gruppo musicale venne al loro tavolino.

A Natascia non piaceva il cantante, era così peloso, le piaceva il chitarrista.

Il cantante aveva al collo un legaccio di cuoio con un lungo dente inciso, era di leone forse?

Natascia ne era attratta forte, già con la fantasia pensava al leone, alla savana, all’ Africa, ai viaggi avventurosi, alle favole, al mito.

Ad un tratto, una delle cugine disse: - Mi regali il tuo legaccio col dente?-.

Il cantante se lo tolse e porse con garbo il dente nelle mani della cugina di Natascia.

La cugina ringraziò, ma il cantante non contento alzò il mento a Natascia, la guardò negli occhi: - Lo volevi tu?-

- No, no, no – allarmata, chinando il capo rispose Natascia.

Natascia non parlò più, il chitarrista non le interessava più, il cantante l’ aveva colpita, non le piaceva, era peloso, ma tu Natascia sapevi che lui ti aveva scoperto.

Il cantante dei Nomadi la vita lo ha lasciato troppo presto, tu hai fatto la veglia di notte ascoltando la loro musica nel ricordo di uno sguardo.



Il racconto è frutto di fantasia. Eventuali somiglianze a fatti realmente accaduti sono puramente casuali.

10 commenti:

sara ha detto...

i Nomadi che mito!
Sono stati la colonna sonora del tempo delle mele...come scordarli?
(spedito qualcosa per te)

Unknown ha detto...

a proposito della Lapponia...e dell'isola che non c'è: Purtroppo non si può andare in Lapponia, metter su un country house. Si deve pugnar dove siamo, fragili e coraggiosi. Io che di pesante ho solo il nome e, a volte, le palle ...Ettore...invidio chi molla tutto e va in giro per la Lapponia. Là almeno non ti imbottisocno il van o il suv di petardi minacciosi. evviva...

Paola Tassinari ha detto...

Ma SARA come spedito qualcosa per me, non sono abituata a toppe carinerie...potrebbero farmi male...non vedi come troneggia nel blo la tua rosa.
Baciolotti.

Paola Tassinari ha detto...

Bè Ettore, nomen omen, quindi il nome Ettore è più che pesante è protettivo( hai presente Ettore quando si prepara per il combattimento con Achille?) , vuol dire che quando c'è il bisogno ci sei, è quando ci sono le stupinerie malevole che ti cadono le braccia...anche io invidio chi molla tutto, ma io non ci riesco e non ci riuscirò mai... il mio nome è Paola che vuol dire piccola, io posso fare solo le piccole cose.
Ciao Ettore... che fai...aspetto un tuo articolo...mi manca.

Paolo Pascucci ha detto...

I tuoi racconti hanno sempre la parte maggiore non detta: l'essenziale lo distogli al nostro sguardo, come se fossi reticente a mostrarlo.
Una lunga premessa e poi due righe, che aprono un racconto, una storia, lasciata immaginare ma non detta.
E però, il finale lo racconti, come a dire: non sbagliatevi su come va a finire.

Paola Tassinari ha detto...

Se tu Paolo dici così, sarà vero, io credevo che l' essenziale fosse sempre in evidenza, proprio perchè lo descrivo poco, è quello che si tace che si può immaginare, poi il finale non manca e quindi è come un facile problema di matematica che ha i dati e la soluzione.
Ciao............e così per curiosità ti piace Mahler?

pierperrone ha detto...

Povera Natascia.
La giovinezza, l'adolescenza, pesano addosso ai suoi occhi, sul suo sguardo, quando si abbassa perche non può ancora sostenere quello del cantante dei Nomadi.
Me l'immagino il battito tumultuoso e il sudore nelle mani, e la bocca asciutta e... quel NO che vuol dire solo SI, mille volte e mille volte SI.
"Quel dente attaccato al filo è mio. Solo mio!"
NO.
NO.
NO.

Chi di noi non è stato giovane, fino a ieri?
Quanti si abbiamo detto con voce stentorea, o mutila, che urlava o biascicava i NO che sfuggivano alle labbra!
Chi di noi non ricorda ancora il sudore delle palme, il passo malfermo, lo sguardo che non riesce ad alzarsi per sollevare il mondo di dentro fino all'altezza degli occhi di fronte?

Ah, cara Natascia!
Hai lasciato il laccio col dente sul foglio bianco di Paola.
Passa a raccoglierlo, qualche giorno.
C'è ancora Ettore, lì, che ti aspetta.
Ti ha aspettato per tutti questi anni, pallido, più bianco del foglio di Paola.
Quel dente è ancora lì che ti aspetta.
E' tuo, cara Natascia.

Ti porgo una carezza leggera come un fiore.

Paola Tassinari ha detto...

Il mio racconto nasce come ricordo di quei lacci neri o marrone col dente attaccato, andavano di moda, capelli lunghi sugli occhi, jeans a zampa d' elefante,sandali o ciabatte di cuoio, camicia slacciata con al collo il legaccio col dente...lo sai che non lo so il perchè si portava al collo il dente,è un ricordo indelebile,chissà che significato recondito aveva...boh per me è rimasta un' icona lontana nel tempo.

Paolo Pascucci ha detto...

secondo me tu l'essenziale lo tratteggi, lo fai intuire, ma non lo dici, ci giri intorno.
Si, mi piace.

Paola Tassinari ha detto...

Bè, l'importante è che ti piaccia, io scrivo per me, ma ho molto piacere se quei sentimenti che mi colpiscono piacciono anche ad altri, vuol dire che quello che sento forse vale qualcosa.
Ciao.