mercoledì 24 giugno 2009

24 GIUGNO S. GIOVANNI BATTISTA FIERA A CESENA

Il legame fra Cesena e S. Giovanni affonda le radici nei secoli. Fin dal Medioevo è testimoniata la devozione a questo Santo, che è patrono della città insieme alla Madonna del Popolo. Secondo alcune tradizioni, per altro non suffragate da fonti storiche, a portare a Cesena il culto di S. Giovanni Battista sarebbe stato un gruppo di fiesolani che nel Medioevo si rifugiarono nella nostra città.

Un appuntamento con la grande fiera in onore del santo patrono, coincidente con l'inizio dell'estate, si ripete da secoli, attirando visitatori anche dai territori limitrofi. La festa di S. Giovanni fa parte anche del folklore legato al ciclo della vita.

Sono soprattutto due i prodotti della terra a contraddistinguere l'appuntamento di fine giugno: la lavanda e l'aglio, venduti l'una in grandi massi odorosi, l'altro in lunghe ghirlande. Anche la loro presenza è legata a suggestive tradizioni agresti e credenze popolari, che in qualche modo sopravvivono ancora. Per le massaie del passato S. Giovanni era l'occasione per far provvista delle profumate spighe, capaci di debellare le insidiose tarme nemiche dei panni riposti nei canterani. E l'aglio, oltre che prezioso ingrediente in cucina, rappresentava il rimedio per alcune affezioni diffuse nelle campagne, oltre che essere "talismano" contro vampiri e malocchi. Un sottile velo di magia, del resto, avvolge le notti di S. Giovanni, che sono le più brevi dell'anno. Secondo una delicata credenza, in queste notti le fanciulle in età da marito avevano la possibilità di vedere, almeno nei sogni, l'uomo che avrebbero sposato: bastava che si bagnassero gli occhi con la rugiada che cade in queste notti.

6 commenti:

pierperrone ha detto...

Vedi, cara Paola, che è bellissimo raccontare le storie del passato, che sono ancora vive oggi, qualsiasi veste abbiano preso, religiosa, civile o mitologica?

Quando si raccontano le storie legate ai magici passaggi della Natura non senti dentro qualcosa di speciale che vibra nella profondità del tuo essere?

La civiltà industriale ci ha allontanato dai ritmi della natura. Ha trasformato i cicli del giorno e della notte e delle stagioni in un unico brillare di luci artificiali e di mercati imbanditi.
Ma è solo un'illusione dei sensi, superficiale e banale.

Nessuna vibrazione producono i nuovi ritmi artificiali, se non la spossatezza e l'alienazione.

Nessuna festa può essere celebrata in loro nome, se non i tristissimi rave del sabato sera, in cui ogni partecipante annienta la propria umanità, trasformandosi in mera macchina oscillante cullata dal chiasso che vuole imitare i tuoni e dalle stroboscopiche baluginanti come false folgori.

Nessuna vergine potrà mai conoscere la magia ancestrale dei sogni delle notti del solstizio d'estate, riarrangiate in festa di S. Giovanni dal cerimoniale cattolico romano un pò cannibalizzante.

Ho visitato, una volta, alcuni anni fa, una chiesetta magica, in Sardegna, a S. Giovanni in Sinis.
Forse te l'ho già raccontato.
La magia consisteva in una specie di cripta nascosta nelle viscere della chiesa.
I quella cripta, una piccola grotta, a dire la verità, c'era una reliquia davvero speciale, contornata da antichi affreschi alle pareti.
La reliquia, se posso chiamarla così, era, è, una polla d'acqua, un'antichissima polla d'acqua, di origini preistoriche, intono alla quale si svolgevano i riti religiosi precristiani noti fin dalle origini della vita di quello spicchio di Sardegna.
E le pareti erano, se ho capito bene, quelle costruite dai pastori prima ancora che fosse resa nota la parola del Cristo Nazareno.
E gli affreschi erano graffiti di nomi, di pitture murali, immagini di qualche santo ed effigi di qualche Madonna.
Era magica, era uno sboccio della natura, ed era dedicata a San Giovanni Battista.

Proprio come il tuo post di oggi.

utilizerapagain ha detto...

Mídsummer day San Giovanni, 24 giugno, "Midsummer Day", il "giorno di mezza estate", dove, come narra shakespeare nella celebre commedia, “realta' e sogno si confondono”, dove una porta si apre, per mettere due mondi in comunicazio­ne: visibile ed invisibile si compenetrano, tutto diviene possibile. La porta è quella dei solstizio, una è qui, al solstizio d'estate, e come narra omero, è volta verso il freddo borea, affinché vi entrino gli uomini, l'altra è ai saturnali (Giovan­ni evangelista), in dicembre, ed è volta verso noto, il caldo vento dei sud, affinché di li escano gli dei.
Nessun altro momento dell'Anno Magico è così ricco di simbo­lismi intrecciati, che spaziano dalla cultura popolare, ai miti, alle più varie tradizioni. Potremmo partire dal significato stagionale, il Sole, che giunto al massimo grado di levatura nei cielo, d'ora in poi comincia a tramontare, così come il capo mozzato di Giovanni, tramonta per lasciar posto ad una Luce maggiore, così come nello spirito dell'iniziato Inizia a risplendere una nuova Luce interiore. Po­tremmo parlare delle Acque (la polla d' acqua presente nella chiesetta di San Giovanni di Sinis e' un fonte battesimale con all' interno un pesce in rilievo)e dei Fuochi (tradizionali i grandi falo' nelle feste paesane), simbolo delle Nozze Cosmiche dei Sole con la Luna, ossia la fusione di due mondi opposti, così come stanno ad indicare anche le PORTE SOLSTIZIALI. O della RUGIADA, benefica e feconda (le fanciulle in età da marito avevano la possibilità di vedere , almeno in sogni, l'uomo che avrebbero sposato: bastava che si bagnassero gli occhi con la rugiada che cade in queste notti). Potremmo parlare del GRANDE NOCE, e del Frutto dell'opera che matura, o della MAGICA FELCE, il Fiore di San Giovanni, da cogliere a mezzanotte tracciando un cerchio con il COLTELLO.
la chiesa di San Giovanni di Sinis, risale probabilmente al V secolo, ed è una delle più antiche chiese della Sardegna ancora in uso. La prima struttura era a pianta centrale con cupola; nel XI secolo fu ingrandita con forme protoromaniche, e l'interno fu diviso in tre navate, separate da archi bassi e pesanti pilastri, di cui le due laterali furono coperte con volte a botte, mentre quella centrale e l'abside sono coperti a cupola. La chiesa conserva ancora la cupola centrale originaria, sostenuta da quattro massicce arcate. Piccola e bianchissima è una delle testimonianze del passaggio dei bizantini in Sardegna, tra il VI e l'VIII secolo.
Mi allaccio al commento di Pietro per dire che l'assenza o la scarsità dell'acqua ha contribuito a creare in Sardegna una situazione di grande povertà, di spopolamento e conseguente impoverimento dell'attività produttiva incidendo sui destini dell'isola. Tale culto ha assunto in Sardegna delle manifestazioni magiche e religiose.
I riti propiziatori della pioggia sono durati a lungo in Sardegna, diciamo fino agli anni 50, con un cerimoniale di elementi magici e pratici, la cui origine risale al periodo protosardo e nuragico.
I pozzi sacri che erano situati in luoghi di facile reperibilità e visibilità, erano come santuari di frequentazione generale con strutture assai complesse chiamate " cumbessias" e "' muristenes" che permettevano il soggiorno di "pellegrini" provenienti da diverse località. Che l'acqua avesse anche carattere sacro con virtù terapeutiche e purificatrici ne erano convinte le comunità nuragiche che, più di tremila anni fa, avevano dedicato ad essa santuari, fonti sacre, templi a pozzo diffusi in tutta la Sardegna.

Paola Tassinari ha detto...

Cari Piero e Pier Luigi, grazie, con il racconto di entrambi sulla chiesetta con la pozza di acqua.....Piccola e bianchissima è una delle testimonianze del passaggio dei bizantini in Sardegna, tra il VI e l'VIII secolo.
Ed ecco il collegamento .....testimonianza dei bizantini e.....Ravenna città di acqua, ma ai tempi dei bizantini, l' acqua c' era , ma era malsana , infatti costava meno il vino che l' acqua, .......essere attorniati di acqua ed essere assetati.......
sono poi rimasta colpita dal Grande noce di cui parla Pier luigi, io non so nulla del grande noce, però è tradizione, qua in Romagna ,raccogliere le noci il 24 giugno e realizzare un liquore che si chiama nocino, fra quaranta giorni lo travaserò e poi vi dirò se è stata una buona annata per il nocino.
Un caro saluto ad entrambi.
PS Io sono nata in campagna e sono legata al ciclo della natura ,apprezzo la città ma amo tutti i riti legati alla natura.

Gaetano ha detto...

Oggi Teoderica è come se avesse mostrato sé stessa nella sua straordinaria bellezza che risalta nel suo mare astrale. Un blu quasi avio assai gradevole e rassicurante.
Come non si può restare affascinati dalle tre farfalle, due colorate, le vere, e l’altra bianca che si è come immersa nel suddetto mare astrale in felice armonia con due strutture ramificate bianche ivi presenti. Ma come entrare nel vivo di questo magnifico quadro, il più bello che finora ha prodotto l’artista che incoraggiai?... Suvvia! Applaudite!
Il testo del post, per Teoderica non interessa più di quel tanto, ma le occorre per attirare l’attenzione su due cose, la lavanda e l’aglio.
Conosciamo molto bene la lavandula spica, ma a Teoderica-Paola interessa la lavandula stoecas che è la lavanda marittima.
Il suo aspetto è molto diverso da quello della lavandula spica e della lavanda fine. Si sviluppa in terreno non calcareo (preferisce la presenza di silicio) e la sua fioritura è precoce. Gli orticoltori la utilizzano per creare degli ibridi come la «lavanda farfalla» per la decorazione dei giardini (ma per Teoderica sì in relazione al prato fiorito dei precedenti post). Di nessun interesse per la profumeria, a differenza delle precedenti specie.

«Lavanda farfalla»! Avete capito il nesso col quadro ora?

Ma la storia della lavanda in discussione (che traggo da wikipedia), non ci crederete ci porta all’aglio anche se non sembrano comparire nessi pratici per darcene la prova. E qui occorre valicare le colonne d’Ercole per introdurci nel mare astrale, così come se ne è parlato nel precedente post.
Dunque sembra che Dioscoride sia il primo , nel 50 d.C., a citare l’erba odorosa stoecha, che prenderebbe il nome dalle isole stecadi nelle quali è diffusa, e che usualmente si considera proprio la Lavandula stoechas, quella preferita da Teoderica, appunto.
In realtà il nome “lavanda” non compare né in Dioscoride né in Plinio. È stato in seguito che molti hanno ricondotto l’erba profumata di re Salomone al nardo siriaco, e quindi alla lavanda, e altri, prendendo spunto dalla leggenda delle peregrinazioni di Didone, hanno ipotizzato che la donna raggiunse anche le coste provenzali, ai cui antichi abitanti regalò la lavanda che portava con sé dalla Siria. Di tutto questo non c’è riscontro.

Ed ora vengo al punto, omettendo alcuni passaggi per trovare il nesso, nientemeno, che con il serpente, da legarsi alle dicerie popolari antiche sul maligno.
Secondo Antonio Musa Brasavola il nome della Spica Nardi indica il fatto che venga utilizata la spiga, ma il Matthioli, (un altro studioso) sottolinea che si usa la radice, e che “spica” sia contrazione di aspide, il serpente, che vicino alla pianta spesso si trova.

Resta da disquisire un po’ sull’aglio per aggiungere un ingrediente caro alla maga Circe, il sesso, oltre a ciò che già si sa sul conto dei poteri dell’aglio su cui sorvolo. Mi riferisco alle credenze popolari del passato sui poteri dell’aglio di allontanare il maligno (il serpente che “striscia” fra i cespugli di lavandula, appunto) che, in modo limitato ancora sopravvivono.
E sul sesso? Già è risaputo che l’aglio è un indiscusso afrodisiaco, ma per contro il suo puzzo non è poi tanto indicato... Allora?
Si tratta di un articolo a riguardo, tutto da provare naturalmente, ma non si può mai sapere! Si tratta del “viagra” e ho detto tutto. Per chi ne volesse sapere nei dettagli basta cliccare qui.

Complimenti Paola, hai montato post, uno dietro l’altro, davvero eccellenti, ma questo a commento è davvero sopraffino, in particolare per il disegno!

Cari abbracci,
Gaetano

Gaetano ha detto...

Aggiungo il lato simbolico legato alle immagini che traggo da un blog.
Dato che la mente subconscia opera per mezzo di simboli - viene detto -, è importante sviluppare la capacità di interpretare tali simboli per decifrarne il significato.
Ecco cosa viene detto sulla farfalla:
Da una lavarva molle e vermiforme, il bruco, nasce uno splendido essere alato. Questa straordinaria trasformazione non ha mancato di stupire i popoli antichi, che hanno preso la farfalla come simbolo dell'anima e dell'evoluzione spirituale. Si mormora che le farfalle abbiano la capacità di entrare nelle fessure delle porte "di altri mondi" senza necessariamente avere una chiave.
La farfalla onirica solitamente trae messaggi positivi, vi fa svegliare sereni e in attesa di qualcosa di positivo. Tuttavia la farfalla è un insetto e come tale, soprattutto se si tratta di farfalle notturne o nere, può indicare, noie, fastidi, idee ossesive e preoccupazioni.
La farfalla resta comunque un simbolo femminile, che rappresenta nella stragrande maggioranza dei casi, frivolezza, superficialità, leggerezza.

link

Gaetano

Paola Tassinari ha detto...

Caro Gaetano, non ho altre parole che .....grazie, grazie, grazie, grazie,.........grazie, grazie........lavanda farfalla sarà il titolo di questa immagine quando la raffigurerò con gli acquerelli.
La lavanda l' ho sempre amata, in particolare quella selvatica , per il colore e per il profumo........la farfalla non l' ho mai amata....troppo bella...... ma oggi devo prenderla come esempio, devo afferrare la sua leggerezza perchè non ho più la forza di farmi carico di certi problemi......devo prendere la vita con più leggerezza.....se ce la faccio.
Tu che dici ce la farò ?
Anche perchè, è meglio donare un sorriso che tetraggine.
Un enorme sorriso gioioso a te.