domenica 18 aprile 2010

COME AMARE LA BELLEZZA E COGLIERE LA VERITÀ SENZA MORIRE











COME AMARE LA BELLEZZA E COGLIERE LA VERITÀ SENZA MORIRE

Di Gaetano Barbella

Vieni a Ravenna nel sogno dei Preraffaelliti del Forum di Teoderica

I Preraffaelliti?

Sai che ti dico cara Paola nonché Teo? Che sei il mio gatto con gli stivali e mi precedi predisponendomi a cose inedite, fuori dall’ordinario ed ora, è il caso di legarle alla surrealtà, poi si capirà. Ma già i Preraffaelliti ci portano a questo essendo - come si sa - degli iniziati di una Confraternita di artisti sorta in Inghilterra, detta appunto dei Preraffaelliti.

Seguo un itinerario che mi è congeniale, cosa inconsueta ma chi mi legge, come tu Paola, è abituato a certe mie divagazioni da surrealtà, appunto. Come quando si dice “a proposito di... sai che ho pensato?” subito dopo aver visto o sentito qualcosa che non sembra legarvisi. Tuttavia, allora domando, come si spiega questo “pensare di riflesso”? Ma veniamo ai Preraffaelliti.

Non importa in che modo e da chi mi è giunto un inatteso “imput” del genere anzidetto proprio due giorni fa: fatto è che sembra aprirmi un curioso orizzonte sul movimento esoterico sui Preraffaelliti appena presentati.

Il dipinto di Salvator Dalì e i Preraffaelliti

Si tratta del famoso dipinto ad olio su tavola di Salvator Dalì, una delle tante sue opere surrealiste del 1944 (notate, di fine guerra mondiale... ma si capirà alla fine) che si intitola “Sogno causato dal volo di un’ape attorno a una melagrana, un attimo prima del risveglio”.

Ma lasciamo da parte per un po’ il dipinto di Dalì anzidetto, quanto basta per fare il punto sui Preraffaelliti. Però già a grandi linee, Paola, hai detto abbastanza su di loro ed è superfluo aggiungere dell’altro, salvo a rimarcare il loro lato esoterico, perché è in questa direzione che sottende quel che mi è parso di assoluta novità.

La Confraternita dei Preraffaelliti chiamò così se stessa, anzitutto per indicare il profondo connotato di setta esoterica; il riferimento al pittore ed architetto italiano Raffaello si riferisce invece al rifiuto di ogni accademicità nella loro pittura e, piuttosto, all’ispirazione che essi dichiaravano di trarre dai pittori italiani precedenti a Raffaello, portatori di una freschezza poi contaminata dalle varie scuole.

Il nome esprime, quindi, il rifiuto di Raffaello e di tutta quell’arte che, per realizzare “la bellezza”, ha tradito “la verità”, e sottende una consapevole emulazione della pittura primitiva.

Insomma si tratta di un tentativo, attraverso l’arte, di un “ritorno alle origini” che, è poi un seguire itinerari di ordine alchemico la cui arte è nota come Arte Regia.

E qui importa anche condividere il pensiero espresso dall’amica Annarita con il suo commento che evidenzia la conclusione del post a commento:

«...la critica a Raffaello si ritorse a loro, in quanto in Raffaello non vi è leziosità ma solo grazia, per ritornare al puro occorre anche esserlo.».

Non aggiungo altro poiché, avvalendomi del suddetto dipinto di Dalì come una certa “cartina di tornasole”, farò emergere una visione, quasi una profezia all’inverso dell’esito dell’impresa dei Preraffaelliti da stimarsi un atto di superbia. Si tratta della ricerca della verità attraverso l’anima che trova corrispondenza figurata nella donna che nelle opere di Dalì è spesso riferita alla sua Gala.

Dalì si serve di sogni, ma l’altro famoso artista, Pablo Picasso, con “Autoritratto del 1938, interpreta la realtà facendo parlare un secondo occhio, l’interiore a suo avviso, quello che vede e sente emotivamente: “attraverso questo occhio della fantasia e possibile vedere, comprendere e amare al di la della vista in senso fisico; e questa visione interiore può essere tanto più intensa proprio quando le finestre sul mondo esterno sono chiuse”.

Dunque, interrompendo la tematica sui Preraffaelliti per poi riprenderla ancora a consuntivo, traggo spunto su internet da vari approcci all’opera pittorica di Dalì sull’ape e la melagrana del sogno, appena presentata in precedenza che si rifà all’imput di “a proposito di... sai che ho pensato?”, argomentato all’inizio.

Nel suo lavoro Dalì si è ampiamente servito del simbolismo, e l’elefante che compare nell’opera suddetta è una di esse.

L’elefante, ispirato al piedistallo di una scultura di Gian Lorenzo Bernini che si trova a Roma e rappresenta un elefante che trasporta un antico obelisco, qui viene ritratto da Dalì con le “lunghe gambe del desiderio, con molte giunture e quasi invisibili” e con un obelisco sulla schiena.

Grazie all’incongrua associazione con le zampe sottili e fragili, questi goffi animali, noti anche per essere un tipico simbolo fallico, creano un senso di irrealtà. “L’elefante rappresenta la distorsione dello spazio” ha spiegato una volta Dalì, “le zampe lunghe ed esili contrastano l'idea dell’assenza di peso con la struttura.”.

Dipingo immagini che mi riempiono di gioia, che creo con assoluta naturalezza, senza la minima preoccupazione per l’estetica, faccio cose che mi ispirano un’emozione profonda e tento di dipingerle con onestà.”.

L’azione del dipinto – l’enorme melagrana da cui fuoriesce un pesce che “genera” due tigri dietro a una baionetta – rappresenta il violento risveglio della donna, Gala, dai suoi sogni tranquilli. Capita di svegliarsi di soprassalto.

La donna raffigurata nel dipinto era la compagna del pittore; la possiamo ritrovare in molte sue opere poiché era considerata la sua musa ispiratrice.

Nel complesso il dipinto è considerato dalla critica un esempio dell’influenza freudiana sull’arte surrealista e del tentativo di Dalí di esplorare il mondo dei sogni.

Alcuni critici hanno suggerito che questo dipinto sia un’interpretazione surrealista della teoria dell’evoluzione (farò vedere che veramente è così).

In quest’opera prendono forma simultaneamente le rappresentazioni delle sensazioni provocate dall’improvvisa puntura di un’ape mentre l’artista stava dormendo.

La baionetta che sta per trafiggere il braccio di Gala che dorme nuda, sospesa su uno scoglio frastagliato, raffigura l’istante della puntura dell’insetto. La percezione del dolore è associata alle due tigri feroci che balzano fuori dalla bocca di un gigantesco pesce rosso, che a sua volta esce da una melagrana. L’elefante sullo sfondo a destra con le lunghe zampe da insetto che riesce a camminare sulla superficie statica del mare, nonostante il peso dell'obelisco in pietra che regge sulla schiena.

Altre possibili interpretazioni

Secondo un’altra interpretazione l’insieme delle figure presenti, composto dal pesce, dalle due tigri e dalla baionetta, rappresentano il corpo dell’ape. La baionetta sarebbe infatti il pungiglione, le due tigri, gialle a strisce nere, rappresenterebbero l’addome dell’ape stessa, mentre il pesce con le sue squame, richiama la struttura dell’occhio dell'insetto.

Le simbologie in un quadro come questo possono essere queste o cento altre legate al significato del melograno, dell'ape, della tigre, dell’elefante, del mare...; tutte, in ogni caso, percorse da un profondo e acceso senso di erotismo.

Alla base della composizione vi è la frantumazione delle immagini, come se un’esplosione avesse disgregato ogni cosa, ogni forma, suggerendo invece la presenza di fantasmi, sogni, incubi in uno spazio profondo e risonante, su cieli azzurri e paesaggi rocciosi antropomorfi.

Ecco che il mio approccio a questa visione surrealista di Dalì, possibilista di tante interpretazioni, ben si dispone ad una mia personale e singolare introspezione all’arte dei Preraffaelliti, suggerita – potrei dire – dal caso.

Non importa tanto ciò che realmente viene attribuito dai critici d’arte al dipinto in questione. Conta – secondo il mio approccio a cose del genere invece ciò che viene richiamato alla mente nell’impatto visivo con i vari dettagli separati e nell’insieme.

Tutto è legato alla realtà presente nel bagaglio mentale dell’osservatore. È come se essa fosse un insieme di spettatori a vedere un film seduti in una sala cinematografica.

Ecco che già si spiega la mancanza di unità e di totalità del dipinto attribuito dalla critica d’arte. Gli spettatori sono estranei l’uno all’altro, non si conoscono, salvo eccezioni. Tuttavia essa c’è per il fatto che la melagrana, il pesce, le due tigri, il fucile con la baionetta e la donna che sogna, sono uniti fra loro come maglie di una catena. E poi è la meccanica ottica delle ombre che legano ogni cosa al mare (occorre pensare che si tratta di concezioni esoteriche che presuppongono un’attività interiore a livello astrale). Così la donna è legata allo scoglio che sembra galleggiare sull’acqua piuttosto che emergere in parte. E così anche l’elefante con l’acqua, ma questo con dei prolungamenti delle zampe, tali da farli sembrare quelle di un insetto. Come a volerle legare all’ape, un insetto che è capace di essere portatore di grandi cose (una sorta di Cristoforo). Nell’astrale non conta la forza di gravità terrestre.

Tutto è come sospeso in aria, ma questo stato è caratteriale nel mondo dei sogni.

Il ritratto di Luca Pacioli

Resta da capire l’ape che sorvola la melagrana. E qui, è come se l’insetto fosse simile a un interruttore della luce che con la “pressione” visiva dell’osservatore richiama cose estranee al quadro, ma sempre in coerenza. Perché dico questo?

Per aver tratto delle conclusioni su un’analoga rappresentazione di un dipinto famoso, “Il ritratto di Luca Pacioli”, una mosca su un cartiglio con su i numeri di un anno parzialmente occultato.

Qui la mosca cela una risposta sul sapere del messaggio riposto nel quadro.

Ecco ciò che ho scritto su questo quadro e che è riportato sul mio sito.

«Si cerca la verità, ma non la si trova mai, sapete perché? Perché è come quel tenue filo che tiene sospeso il rombicubottaedro dell’enigmatico «Ritratto di Luca Pacioli» sopra esposto. Tutti si chiedono spiegazioni su quest’opera d’arte della quale non si hanno nemmeno cognizioni certe sul suo autore. Certezze essi cercano in ogni dove di questa sorta di esposizione allegorica.

Solide certezze sapienziali, innanzitutto, come sembra indicare quel solido poliedrico, un piccolo dodecaedro al lato opposto dell’evanescente rombicubottaedro. Esso è poggiato infatti su un grosso volume dalle tante pagine ben serrate, per significare con l’immobilità il potere incisivo del sapere del libro chiuso, però. E le dodici facce poligonali del poliedro sono quelle dell’uomo esposto al variare periodico del tempo che muta continuamente dodici volte l’anno, appunto.

Ci sono due rovesci di questa sorta di medaglia del sapere del certo: il primo è la fissità di ogni cosa, sinonimo di condizione di morte che, se non altro, con il placar dei sensi essa par che si ben disponga; il secondo, non migliore del primo, è quella mosca sul cartiglio a scompigliar l'assoluta completezza del saper saccente.

È qui il “tenue” filo opposto a quella sorta di cristallo, che par che viva, in alto sospeso a sinistra, attrattivo e assai amabile, che sembra però irraggiungibile. E c’è anche discordia sull'interpretazione del cartiglio, a causa dell'iscrizione parzialmente occultata dal noioso insetto “portatore” di gravi malattie infettive. Come a significare di pagare un prezzo elevato per conoscere la verità.”.

Nel caso dell’ape e la melagrana di Dalì, il rombicubottaedro è sostituito dalla donna nuda sospesa sullo scoglio e la mosca contagiosa da un’ape altrettanto pericolosa per il suo pungiglione. Nell’esplosione degli elementi della sua peculiare azione è la baionetta che ferisce il braccio della donna. Ma è un occulto modo per inoculare qualcosa di estraneo ad essa da correlarsi, presumibilmente alla creazione della donna Eva. Essa è dormiente in seno all’uomo Adamo ancora avviluppato nella sua solitudine edenica. Ma al momento preciso della puntura, correlata alla introduzione della “costola” biblica, Eva-Gala (o Gaia la Terra) d’improvviso si desta e sarà lei a gustare il grano della melagrana e pagarne il prezzo del sapere che vi deriva.

Per il resto si può correlare lo scoglio sul quale è sospesa Gala la possibile Terra di Gaia e il suo porto in relazione alla melagrana e l’ape e la loro ombra a forma di cuore dove ha inizio ogni storia singola e di popolo umana.

Dallo squarcio della melagrana ingrandita, dove poi fuoriescono il pesce, le due tigri ed infine il fucile con la baionetta, sembrano delinearsi i contorni della Gran Bretagna e Irlanda in cui ebbe inizio la leggenda del Santo Graal a seguito della migrazione di Giuseppe d’Arimatea con il Calice del sangue di Gesù.

Non è escluso che questo abbia voluto rappresentare Salvatore Dalì e il passo è breve per immaginare il seguito della leggenda della saga arturiana con l’iniziativa della Confraternita dei Preraffaelliti.

I temi sociali dei Preraffaelliti, causa del loro disperdersi

E sulla ricerca sulla verità tanto bramata dai Preraffaelliti? Perché offuscata?

La verità non vuole catene, non vuole essere imbrigliata in un corpo “mortale” e quando questo sembra avvenire ecco che esplode dalla melagrana come l’ha intesa rappresentare Dalì. Tutto nel silenzio e nella fitta sensazione di una improvvisa “puntura” prima di svegliarsi al sorgere dell’aurora. Tant’è che quando morì Raffaello si sparse la voce che era morto un dio.

Dunque chi si cimenta non deve porsi alcun tema da risolvere con la eventuale conoscenza della verità. Cosa che invece fu estremamente cara ai Preraffaelliti.

I temi sociali, quelli del lavoro e dell’emigrazione particolarmente sentito in Inghilterra; i temi biblici che occupano un ruolo determinante; i temi nazionalisti con l’amore viscerale per la patria; i temi shakespeariani con Re Lear, Macbet oltre l’Amleto; ed infine i temi medievali con i cicli arturiani.

Un iniziato degno di essere prolifico praticante in esoterismo, non fa nulla in prima persona, ma si predispone nel cosiddetto “sogno”, ovvero in “astrale” a “concepire” le cose e sarà il “caso” a decidere il da farsi. L’iniziato vive isolato dal mondo salvo a vederlo sotto mentite spoglie.

E da Salvator Dalì cosa ci viene in proposito?

Ecco uno “squarcio” della sua melagrana tratto da wikipedia sul suo conto.

Allo scoppio della guerra civile spagnola Dalì sfuggì i combattimenti, rifiutando di allinearsi con alcuno degli schieramenti. Similarmente, dopo la seconda guerra mondiale, George Orwell lo criticò per essere fuggito come un topo dalla nave che affondava non appena la Francia era stata in pericolo dopo che il pittore vi aveva prosperato per anni:

«Quando in Europa si avvicinano le guerre lui ha una sola preoccupazione: come riuscire trovare un posto dove si mangi bene e da cui può scappare in fretta se il pericolo si avvicina troppo.».

È paradossale ma questa è la maschera dell’iniziato alle arti occulte di Salvator Dalì.

9 commenti:

Paola Tassinari ha detto...

Mi preme ringraziare Gaetano per l' interessante saggio che mi ha donato e che tutti voi potete leggere.
Mi scuso per l' impaginazione un po' fortuita.
Mi riserbo di fare un commento dopo averci pensato un poco sù.
Buonanotte.

sara ha detto...

Mamma mia...quanta cultura...Grazie Gaetano, sei grande.
Ciao Paola a presto.
(hai trovato quella rivista?)

pierperrone ha detto...

I Preraffaelliti, bel tema e bella pittura.
Magari un tantino leziosa, un pò romantica, un pò nostalgica, un pò d'avanguardia (per i suoi tempi), un pò di rottura col passato-prossimo, ma diversa sicuramente dai pittori pre-raffaelliti italiani, ai quali avrebbero voluto rifarsi quelli della "setta" inglese.
Ma mi piace molto la loro pittura, ed perciò ho letto anche qualcosa al riguardo. Alla fine sono stati solo una rapida e circoscritta "corrente" pittorica, che non ha lasciato moltissimi capolavori. Volevano rompere con una tradizione pittorica consolidata e borghese e tornare ad una purezza che forse i tempi ottocenteschi non consentivano già più. Erano, mi pare, più "labour", ma al tempo stesso "esclusivi", coperti dal segreto cui erano obbligati dall'appartenenza alla Confraternita, ma desiderosi anche di dare ai temi della natura, del realismo e del lavoro l'evidenza che sentivano necessaria.
Contemplativi ma maniacali nei dettagli. Spirituali ma materici nella pittura. Romantici e nostalgici, ma quasi "fotografici" nella scelta delle "location" e delle "pose".
Insomma, alcuni capolavori di Rossetti e di qualche altro confratello ci lasciano ancora oggi senza fiato.
Meno male.
Chissà se riuscirò a venire a vederli?

Intanto andrò a vede Caravaggio; ed ho voglia anche di vedere Modigliani, che ha aperto al Palazzo delle Esposizioni.

Insomma, viva la grande pittura, no?

Paola Tassinari ha detto...

Sì, Cara Sara, Gaetano è un vero amante della conoscenza ed allarga i confini della mia mente, così come allarga l' orizzonte a tutti quelli che lo seguono nei suoi labirintici percorsi.
*_*

Paola Tassinari ha detto...

Tu, caro Piero sei fortunato, a Roma c'è ogni ben di Dio, qui a Ravenna è tutto molto più ristretto e provinciale, ma il MAR ha un direttore veramente bravo ed appassionato e riesce a fare miracoli con i pochi fondi che ha.
La mostra è un unicum, in Italia di questa pittura ancora non si è visto molto, quindi apprezzabile la diversificazione e poi il museo è tenuto talmente a "lustro" che le persone che lo visitano se ne fanno caso pure della pulizia dei pavimenti e dell' ordine.
In quanto ai Preraffaeliti, che conosci ed apprezzi, io li ho molto amati ma sinceramente preferisco l' ambito francese dei puristi.....ed il primo Gauguin, quello di Pont-Aven. Rossetti inizialmente era lindo e luminoso ma poi lui e gli altri si sono persi nel decorativismo, i simboli diventarono talmente tanti che si svuotarono di significato e Gaetano ha fatto un parallelo ( con Dalì) che non mi ha stupito per niente....anzi ha fatto centro.
Buonanotte Piero, viaggiatore amante delle scoperte.

Paola Tassinari ha detto...

Caro Gaetano, il tuo parallelo Preraffaelliti/Dalì non mi ha stupito per niente.
Nel mio periodo post/adolescenziale, buttai via persino delle ceramiche di Capodimonte ed ogni cosa che mi sembrava vagamente barocca, innamorata di quello che oggi è chiamato modernariato e di Dalì,la cui stampa "degli orologi che si sciolgono" troneggia ancora nel mio salotto.
Poco più avanti scoprii i Preraffaeliti e ne fui conquistata subito, soprattutto Rossetti con le sue fulve donne, donne amanti e non compagne, donne traditrici ed ingannatrici.
Oggi riconosco il valore artistico sia di Dalì che dei Preraffaelliti ma preferisco l' anonimo autore dell' intrigante ritratto di Pacioli.
Il sogno di Dalì è stato anche la copertina di un romanzo di una mia amica, io non l' avrei mai scelta, la ridda di simboli, la posa di Gala,l' elefante con le zampe ad insetto ( che in altri quadri mi piace molto)e le tigri aggressive che escono dalla melograna non possono non ricordarmi la donna odiosa che era Gala.Gala che teneva sotto i piedi un uomo geniale come Dalì ( forse Dalì aveva problemi sessuali di cui Gala se ne serviva per i suoi scopi)Gala che si vantava di dire pubblicamente: " Lui fa solo quello che voglio io" ed in cambio si teneva una schiera di amanti giovanissimi. Ecco dove vedo il parallelo Dalì sottomesso a Gala, i Preraffaelliti sottomessi ad eroine negative, eroine antesignane delle donne/vampiro di Munch. In questo universo gli uomini sono dominati dalla donna non salvifica.
Nel ritratto di Pacioli c'è occultismo, ma è una ricerca sui simboli che significano, è un occultismo salvifico.
Concludo con Raffaello, così contestato, ma quale differenza, "la Velata" che tu mi dici esoterismo legato al sesso, bè io vi vedo una donna salvifica,bella fuori e dentro, ed i simboli nascosti di Raffaello quanto di più intrigano che quelli così spudoratamente ammassati, quanto più significativi, anche perchè in pittura lo spazio vuoto è importante tanto quello pieno.
Non so se il tuo pensiero era questo , io ci ho visto questo parallelo donna/perdizione per Dalì e i Preraffaelliti Uomo/ragione per il ritratto di Pacioli.
Buonanotte Gaetano *_*

Gaetano Barbella ha detto...

@ Paola
@ Sara
@ Pietro

Ciò che ora aggiungo al mio scritto vale per tutti coloro che mi stanno leggendo, tu Paola, Sara, e anche Pietro e altri che interverranno eventualmente. È indispensabile per capire le mie argomentazioni che vertono sull'esoterismo, ma che nei vostri riscontri non sembrano che siano penetrate restando ai margini.
Il mio saggio è lungo e poco si confà ai blog per essere letti tutti d'un fiato, perché questo conta, ma per l'argomento che io ho cercato di introdurre, l'esoterismo, background delle opere dei Preraffaelliti, è proprio indispensabile che sia così, anzi, per quanto se ne possa parlare, non c'è modo di oggettivarlo e così farlo proprio. A meno che non ci si svincola dalla vita "convenzionale". Insomma vale l'assioma, "per capire il cavallo occorre esserlo", non c'è niente da fare.
Per i Preraffaelliti vale, anzi di più, tutto ciò che gli accademici delle Belle Arti hanno argomentato su di loro e questo di riflesso vi ha portato ad esprimere impressioni e giudizi che sono da apprezzare e che condivido. Mi sta bene ciò che ha detto Pietro e poi tu Paola, mi piace, ma resta oscuro il lato dell'esoterismo dal quale i Preraffaelliti hanno tratto le loro opere, poiché appartenenti alla Confraternita detta dei Preraffaelliti, una setta che, al pari di altre, come fondamento impegna gli adepti al segreto delle pratiche di occultismo. E allora venendo meno la conoscenza di questa realtà, che certamente ha fatto partorire tutte le loro opere, il giudizio resta incompleto, e naturalmente resta oscura la risposta su come poter risalire alla pretesa "verità" ricercata dai Preraffaelliti. E perché per il movimento dei Preraffaelliti, alla fine, sembra che svanisca questo ideale scopo che, secondo loro, gli artisti, da Raffaello Sanzio in poi, hanno tradita.
Il titolo del mio lavoro parla di un'immortalità amando la Bellezza, dunque una donna che effettivamente compare in primo piano nelle opere pittoriche dei Preraffaelliti, cosa che si realizza non rivelandone il segreto e così legarlo a concezioni del mondo materiale. Ma ho rilevato che questo non è avvenuto in tanti modi, con temi sociali, biblici, nazionalisti, shakespeariani e medievali, e questo ha causato ai Preraffaelliti il decadere da un ideale stato edenico per "precipitarli" nelle problematiche della vita materiale e così perdere la loro purezza iniziale. Naturalmente le loro opere pittoriche recano, a causa o ragione di ciò, il segno di una crocifissione, cosa che comunque è sempre lodevole e amabile come arte.
Oggi diremo, se i Preraffaelliti fossero di questa epoca, che si sono "secolarizzati", allo stesso analogo modo – mettiamo – del clero cattolico, salvo eccezioni, preso per il sociale, contro l'aborto e contro tante altre questioni a rischio di questo millennio. Nulla di male, anzi è così che vanno le cose della vita, ma intanto è pur necessario non distanziarci dalle nostre origini – cosa che cercarono di fare i Preraffaelliti – e mantenerne la memoria.
Eppure stuzzica l'idea di penetrare i discorsi dei filosofi ermetici che parlano di donne meravigliose che non invecchiano mai... ma, come si fa a credere in loro a causa delle loro ambiguità?
Dalla seconda prefazione di "Le Dimore Filosofali", di Fulcanelli, a pag. 21 leggiamo:

Il seguito al commento successivo, abbiate pazienza.
Gaetano

Gaetano Barbella ha detto...

Seguito commento.

"...Diciamolo chiaramente: la materia lavorata dagli alchimisti si mostra, anzi si impone con tanta evidenza, che non esiste neanche un autore, anche il più sincero, che non si sia mostrato «invidioso», a questo proposito, tanto da tacere o nascondere o sbagliare, a bella posta, la scelta da fare; alcuni sono perfino giunti a dire il nome volgare di questo soggetto, realmente predestinato, per poi dichiarare, alla fine, che non era quello il vero soggetto.
L'alchimista si deve unire con questa Vergine, col corpo e con l'anima, in un matrimonio perfetto ed indissolubile, per riprendere insieme ad essa l'androgenesi primordiale e lo stato d'innocenza.
« Ora, l'uno e l'altra erano nudi, evidentemente Adamo e la sua sposa: e non arrossivano; Erat autem uterque nudus, Adam scilicet et uxor ejus: et non erubescebant».
L'artista riceve molto, se non tutto, da questa unione radicale, da questa intima armonia, spirituale e fisica, con la materia, canonicamente riservata, che lo ispira con degli scambi di fluido che guidano la sua ricerca quando, simile al cavaliere dei romanzi medioevali, si applica al servizio della sua Dama e, per essa, si espone ai più grandi pericoli."

Ecco questo è un piccolissimo spiraglio dei segreti ermetici, ma a che che serve saperlo senza la pratica? A nulla, purtroppo è così...
Tuttavia Salvator Dalì, con il dipinto dell'ape e la melagrana ci fa vedere questa donna ideale sospesa in aria, indenne dal "peccato" e finché il mondo della materia e fuori portata con i suoi "scogli", questi come per incanto sono tutti appianati. Chi gli artefici, le "truppe" di "Michele" potremo immaginare, facendo capo all'ape della melagrana, alla mosca del ritratto di Pacioli o a insetti capaci di disperdere qualsiasi esercito. Per dire che la donna di Dalì non è la Gala che faceva la "Belle de jour" riferendomi al famoso film di Catherine Deneuve, era un'altra, rispondendo a te Paola. È una grande differenza in esoterismo.

Dalla Bibbia ci viene il resoconto del potere degli insetti dei quali si servì il Signore.
Nell'ottavo capitolo dell'Esodo e scritto: – Il signore disse a Mosè: « Di' ad Aaronne: Stendi la tua verga, percuoti la polvere della terra, e vengano i kinnim in tutto l'Egitto. E fecero così. Aaronne tendendo la verga, stese la mano, e percosse la polvere della terra; vennero i kinnim sugli uomini e sugli animali; tutta la polvere della terra in tutto l’Egitto diventò kinnim. ».
Molti studiosi traducono la parola kinnim, zanzare.
Si tratta di insetti che, sotto metafora, posseggono un potere immenso, quello di trasmettere il "peso" della verità (l'elefante con l'obelisco dai piedi d'insetto del dipinto di Dalì). Come fu per San Cristoforo che la leggenda lega al bambino Gesù che gli chiese di sostenerlo sulle spalle, per traversare un corso d'acqua. Egli pensava di farcela, forte e robusto com'era, ma ad un tratto il bimbo divenne insopportabilmente pesante...

Infine rispondo a Sara che esclama compiaciuta: «... Mamma mia...quanta cultura...Grazie Gaetano...», no, non è proprio così, cara Sara. Ti ringrazio per la stima che mi dimostri, ma non è la cultura che mi ha suggerito di far capo a Dalì e Pacioli e altro. Devo tutto alla mia esperienza intima che mi ha fornito la prova che la visione delle loro due opere in esposizione hanno veramente fondamento esoterico. Non si tratta di immaginazione che attinge dalla fantasia. Insomma io so di questi insetti... di più non posso dirti.

Gaetano

Paola Tassinari ha detto...

Caro Gaetano, ho letto i tuoi riferimenti simbolici, ma non sono degna di commentarli, tu mi ricordi un giornalista che scrive di ebraismo e mi lascia sempre a bocca aperta.
La mia domanda era: i Preraffaelliti e Dalì si sono bruciati col loro esoterismo? Non dico da arrivare sino al marchese De Sade ma questo esoterismo può dare sia estasi benevola ( le Madonne di Raffaello) che inquietante estasi dionisiaca ( Dalì e i Preraffaelliti) cioè Dioniso ed Apollo senza scelta?
Questa è la mia domanda secca... aspetto la tua risposta con impazienza...come vedi sto diventando pure imperiosa, non so se sono una brava allieva.
Buonanotte da Paola.