sabato 8 gennaio 2011

I VIAGGI DI GILLES ( racconto incasinato)

TEBAIDE 25 puntata

Qui è raffigurata la Tebaide del Beato Angelico, cioè il luogo, in Egitto, dove è vissuto Antonio Abate ed altri eremiti come lui.

Sfuggenti, scontrosi, scorbutici: i padri del deserto sono stati spesso dipinti così, senza dimenticare, ovviamente, l’elenco delle stranezze e delle bizzarrie, la barba irsuta, le povere vesti di stracci o di pelle di pecora, il comportamento “asociale” di questi uomini che vivevano in una grotta, si nutrivano di erbe e di radici e sceglievano talvolta la sommità di una colonna per trascorrere in penitenza i loro giorni. I padri del deserto evitano la compagnia degli uomini, si negano all’incontro. I più noti sono: Antonio alle prese con ogni tipo di draghi e di mostri, Girolamo in preghiera accanto a un leone, Onofrio che per nascondere la sua nudità ha solo la sua lunga capigliatura, Macario in meditazione con un teschio tra le mani, Pafnuzio che cerca di strappare Taide ai suoi amanti e soprattutto Simeone lo stilita che visse per 37 anni su di una piccola piattaforma posta in cima ad una colonna, nella zona nord di quella che è oggi la Siria. Allo scopo di isolarsi dalla massa sempre crescente di pellegrini che venivano a trovarlo, Simeone creò una piccola piattaforma sulla sommità di un pilastro che trovò nelle vicinanze, e su questa decise di vivere per il resto della sua vita. Simeone non permetteva alle donne di avvicinarsi al suo pilastro, neanche a sua madre, dicendo loro "se saremo degni, ci vedremo nella vita a venire". Beato Angelico, ci raffigura invece la tebaide come un' isola felice ed operosa, dove i fraticelli vivono in comunità aiutandosi, ma allo stesso tempo ognuno con la propria abitazione o grotta.


immagine: Tebaide del Beato Angelico


14 commenti:

Paola Tassinari ha detto...

Commento di Gaetano Barbella

<< I mistici come Sant'Antonio Abate, a differenza della favola del gatto e la Befana, più s'avvicinano ad altri racconti di animali, ma sacrificali, come la lepre, il coniglio o addirittura un certo rospo a tre zampe [1], di leggende attraverso la mitologia di molti popoli di tutti il mondo.
Una di queste leggende è riportata nel Vangelo di Luca di Rudolf Steiner, questa:

« Un tempo il Budda visse in forma di lepre; in quel tempo tutti i viventi cercavano alimenti; ma ogni alimento era esaurito. I vegetali, che per la lepr rappresentavano un nutrimento adeguato, non servivano a tutti gli altri che erano carnivori; allora la lepre (che era in realtà il Budda) vedendo un bramino, decise di sacrificarsi e di offrirsi come alimento. In quell'istante sopraggiunse il dio Sakra che vide il sacrificio della lepre. Nel monte si formò allora una fenditura che accolse in sé la lepre. Poi il dio Sakra prese una tintura e dipinse sulla luna l'immagine della lepre. Da allora in poi, sulla Luna si può vedere l'immagine del Budda in forma di lepre (in occidente si usa parlare invece di un uomo che si vede sulla luna). Ciò è narrato ancora chiaramente in una leggenda calmucca: nella Luna dimora una lepre che giunse una volta lassù. Perché il Budda si sacrificò e lo spirito stesso della Terra disegnò sulla Luna l'immagine della lepre. Così viene espressa l'altra verità del Budda che consiste nell'aver dato all'umanità, come alimento, quello che prima era il proprio contenuto. In tal modo questo contenuto può irraggiarsi nel mondo movendo dai cuori stessi degli uomini. »
Gaetano >>

[1] Tuttocina.it - vedi qui

Paola Tassinari ha detto...

Questo commento di Gaetano, andava in realtà al post precedente, ma siccome parla di leggende strane e di personaggi ancora più strani, sta benissimo coi Padri del deserto ...con Antonio, Onofrio e Simone lo stilita...questi sono affari per uomini.

Paola Tassinari ha detto...

Caro Gaetano,
trovo il tuo racconto sulla lepre molto maschilista, sacrificio combattente, cioè lascio il vecchio, lo ingoio e pace all' anima sua. Un po' come l' uccisione della Madre avvenuta nel Neolitico e potere solo all' Uomo. Nel "68 con l' uccisione del Padre il potere sta andando alle Donne ( gli uomini si stanno femminizzando oppure soccombono oppure non riconoscono più questo nuovo tipo di donna) però se un tempo siamo state lepri oggi non mi va che lepre diventi l' uomo, vorrei tanto l' armonia degli opposti: maschile e femminile.
Il racconto incasinato che sto facendo verte proprio su questa lotta degli opposti e nel tuo racconto io ci ho visto proprio la stessa voracità di Crono che mangia i suoi figli...sarei felice se tu mi rispondessi.

Ciao e buona domenica.

Gaetano Barbella ha detto...

Cara Paola, non sarà che tu stai diventando vorace come Crono? Non finisco di risponderti ad un tuo «sarei felice se tu mi rispondessi» che due post dopo ti ripeti con la stessa frase. Ma procedendo così sprechi energie girando a vuoto.
Potrebbe già essere questa la risposta ma vado oltre.

Da poco tempo sto adoperandomi per studiare un noto dipinto di Benvenuto Tisi detto il Garofalo, Sacrificio pagano. L'indagine parte dalla radiografia della ipotetica geometria strutturale cui sono molto disposto a fare per poi risalire da questa per fare supposizioni all'interno del dipinto. C'è stata una notevole evoluzione nel concepire lo scheletro strutturale anzidetto, ma proprio ieri ho esclamato "eureka".
La questione che sembra porre il Garofalo, e che nessun critico né altri hanno rilevato - ho ragione di credere -, che sia L'IRRAZIONALITÀ DEL SACRIFICIO. Qualsiasi sacrificio, quello pagano, ovviamente ma anche quello cristiano, a cominciare dal potenziale sacrificio di Isacco per opera del padre Giacobbe, poi rientrato, a quello di Gesù e poi tutti gli altri dei santi e martiri della Chiesa. Non che questi sono da giudicare abominevoli secondo il loro tempo, ma oggi sì. Oggi lo sono i sacrifici disposti dal terrorismo islamico in nome di Allah, mettiamo.
Garofalo non lo fa capire apertamente, ma si serve della matematica per farlo trapelare occultamente. Non per niente Garofalo è stato ritenuto un pittore modernista. Egli pone la questione dell'irrazionalità sacrificale attraverso la geometria della radice quadrata di 2, pensa un po'! ma si serve della musica per suggerire il modo per far tacere l'io disposto o per il sacrificio personale o quello altrui per una ragione superiore.
Buona conclusione domenicale,
Gaetano

Gaetano Barbella ha detto...

Correggo un refuso: è Abramo il padre di Isacco e non Giacobbe che è poi il nipote. Scusa
Gaetano.

Paola Tassinari ha detto...

Questa volta mi hai saziato, non vedo l' ora che tu pubblichi il tuo studio sul Garofalo( intanto vado a rivedermelo perchè lo conosco poco).
Pensa un po' anch'io mi sto interrogando sulla dualità e sulla potenza curativa della musica.
Poi non ne posso più di un sacro/sacrificio obbligato, subdolo è quello indotto ma forse è dolce quello veramente volontario, quello fatto per amore,e siccome l' amore è irrazionale ecco che il sacrificio è l' acme dell' irrazionalità.
Credo che tu abbia fatto un' ottimo lavoro col Garofalo, sbrigati a finirlo.
Ciao e grazie di tutto.

pierperrone ha detto...

Cara PAOLA, solo un saluto, stasera.
Presto torno sul blog; in questi giorni sono stato in vacanza ... riposo, chiacchiere, famiglia, girovagando per strade e monumenti. Abbiamo fatto un breve giro a Ginevra, Zurigo e Berna, fra antiche città, buona birra, ottima organizzazione sociale, grande ricchezza, qualche sbandato, tanta educazione ...
Stasera siamo tornati e sono ancora troppo rastornato.
Ma volevo almeno salutarti.

Raffaele ha detto...

Buon Giorno Carissima Teoderica

Nel racconto è evidente quel ricercato cammino dell’essere che per trascendere la realtà, si isola appunto da tutti e della stessa realtà che lo circonda. Tutto questo porta a delle riflessioni introspettive perché ogni coincidenza significativa del tuo dire porta a porsi delle domande sull ‘ESSERE O NON ESSERE o tanto meno CHI SIAMO VERAMENTE DENTRO DI NOI STESSI.

Avete nominato la voracità del mito di Crono/Saturno, (Il Lupo), hai nominato il sacrificio del Budda (mutante), Steiner (Gesù) e la sua chiaroveggente ermetica visione che innalza l’innata dualità dall’essere animale intellettualizzato all’essere ECCE HOMO che si isola dal mondo per contemplare l’essenza del creato, cosi come fecero anche Giordano Bruno, Cartesio, Erasmo l’umanista e tantissimi altri pensatori di ogni tempo, sempre su queste tematica esistenziale di riscoprire se stessi, dell’essere o del non essere. Su questo argomento, copiando alcune concetti, voglio solo riportare delle riflessioni di logica speculativa ed anche di celate realtà trascendentali.

Cartesio – sostiene Hegel – dette alla filosofia “un indirizzo affatto nuovo Con lui ha cominciamento la nuova età della filosofia…”

Affermando che si debba “dubitare di tutto”, egli pose, “come prima esigenza della filosofia”, il “toglier via tutte le determinazioni” il toglier via, cioè, in nome del pensare, del “puro pensare” che è precisamente astrarre da tutto” da tutti i pensati, da tutte le rappresentazioni.

Tolti via i pensati, rimane appunto il pensare e, con il pensare, l’io (“io posso infatti astrarre da tutte le mie rappresentazioni, ma non già dall’io”)

Raffaele ha detto...

Cartesio – osserva ancora Hegel - “prende le mosse dall’io come da quel ch’è senz’altro certo: io so che in me si affaccia qualche cosa (cioè il pensare). Con ciò la filosofia è d’un tratto trasferita su un terreno e in un punto di vista affatto nuovi, nella sfera, cioè, della soggettività” ; e aggiunge: “L’”io penso” contiene immediatamente il mio essere: questo, dice Cartesio, è il fondamento assoluto d’ogni filosofia. La determinazione dell’essere è nel mio io: questo legame è esso medesimo il Primo. Il pensiero come essere e l’essere come pensiero, ecco la mia certezza, l’io; nel celebre ”cogito, ergo sum” sono dunque inseparabilmente congiunti “pensiero” ed “essere”; tuttavia, è vero anche come sostiene Kant , ma è altrettanto vero, come asserisce Hegel - che l’essere e il pensare “formano pur nondimeno un’identità”, e che “la loro unità non è compromessa dalla loro diversità”


La diversità non compromette infatti l’identità o l’unità riflessa che va in manifestazione. Tra me, ad esempio, e la mia immagine nello specchio (come pure tra me e la mia foto o il mio ritratto) si danno appunto, insieme, identità, unità e diversità.

Va sottolineato, tuttavia, che tale diversità consiste soprattutto nel fatto che io sono un essere, mentre la mia immagine speculare è un non-essere: una parvenza, un riflesso di una causa prima, che viene alla luce solo nel momento in cui il mio essere vivo si rispecchia nell’essere morto dello specchio.

L’OSSERVATORE CHE CONTEMPLA LA SUA STESSA INFORMATA CRISTALLIZZANTE DINAMICA REALTA’

Fatto si è, però, che col “toglier via tutte le determinazioni”, si dovrebbe toglier via pure quella dell’io,

Così come hai espresso …. Beato Angelico, ci raffigura invece la tebaide come un' isola felice ed operosa, dove i fraticelli vivono in comunità aiutandosi,ma allo stesso tempo ognuno con la propria abitazione o grotta. ed io aggiungo anche, ognuno nella propria grotta, nello specchio della sua mente proiettore di quella collettiva realtà illusoria..

Raffaele ha detto...

Fa notare infatti Steiner: “Il pensare è al di là di soggetto/oggetto. Esso forma questi due concetti come forma tutti gli altri (…) Non è che il soggetto pensi per il fatto di essere soggetto; bensì esso appare a se stesso come soggetto perché ha la facoltà di pensare” ).

che vuol dire che anche l’io del quale si è abitualmente coscienti è un “pensato”, e non un “pensante”. Vero “pensante”, infatti, è il Soggetto (l’Io) dal quale scaturisce il pensare, e non il soggetto (l’io) scaturito dal pensare.

Sempre Steiner fa per l’appunto osservare: “Supponiamo che la rappresentazione dell’io produca qualcosa al cui interno troviamo l’essere umano vero e proprio, qualcosa cioè in cui l’anima sia all’interno di quel sé. Supponiamo che ciò risulti dalla rappresentazione dell’io. Dovrebbe allora sorgere a ragione la domanda: cosa accade durante la notte, durante il sonno? L’uomo non è inserito nella rappresentazione dell’io, essa cessa completamente. Tutti i concetti, che a partire dalla rappresentazione dell’io ci facciamo sull’essere dentro l’io, valgono solo per la vita di veglia, poiché la rappresentazione dell’io cessa con l’addormentarsi. In quel momento essa finisce e al mattino compare di nuovo. Di conseguenza non è affatto duratura”. (Ecco perché il quel mio scritto ho detto immaginate di risvegliarvi l’indomani privi della memoria)


L’ordinaria rappresentazione dell’Io è dunque la rappresentazione “non-duratura” dell’Io “duraturo”. Quest’ultimo, quale essere del sonno (del corpo), del sogno (dell’anima) e della veglia (dello spirito), quale essere, cioè, di tutto l’essere umano, è in effetti ben diverso da quello della sua diurna rappresentazione; tanto che si potrebbe dire: il cogito, ergo sum comporta il non-cogito, ergo non-sum, mentre il sum, ergo cogito comporta il sum, ergo non cogito; comporta, cioè, la viva presenza dell’essere anche in assenza della sua spenta rappresentazione. “Già spesso io sono stato – dice appunto Goethe – e veramente non ho pensato proprio nulla”.

I pensieri che tale Soggetto pensa, e la logica che esplica sul piano incosciente del sonno (dell’apparato metabolico e degli arti o della volontà), sono in effetti diversi da quelli che pensa ed esplica sul piano subcosciente del sogno (dell’apparato ritmico o del sentire), così come questi sono a loro volta diversi dai pensieri e dalla logica che apprendiamo sul piano cosciente della veglia (dell’apparato neuro-sensoriale o del pensare).

Raffaele ha detto...

Su questo piano, apprendiamo infatti i pensieri (i concetti) in forma di rappresentazioni, la logica in forma analitica e l’Io (spirituale) in forma di ego (vale a dire, di soggettività psicologica o corporea).

Ma perché li apprendiamo così? Perché risentono, nella loro qualità, della mediazione cerebrale (corticale) che li fa emergere alla coscienza. Spiega in proposito Steiner: “Al materialista grossolano odierno conviene dire che il cervello forma il pensiero, cioè che il sistema nervoso centrale forma il pensiero. Per chi osservi le cose in profondità, ciò è vero come sarebbe vero, quando ci si osserva in uno specchio, ritenere che lo specchio abbia formato il volto che si vede in esso. Ma questo non forma affatto ciò che vi si vede, che sta invece al di fuori dello specchio. Lo specchio si limita a riflettere, a riverberare il volto (…) Ciò avviene in modo del tutto simile a quanto l’uomo esperisce come pensieri”.

Nel rappresentare è “contenuto” quindi il non-essere; ma in tanto vi è “contenuto” in quanto è il mero riflesso di quel pensare in cui è “contenuto” l’essere, e che Steiner denomina, laddove è vivente, “immaginativo”, laddove è qualitativo, “ispirativo” e, laddove è essenziale, “intuitivo”.

In sostanza, come qualche volta ho avuto occasione di dire; la coscienza rappresentativa dell’Io (mediata dal corpo fisico o spaziale) non è coscienza di tutto l’Io, ma di quella sola sua parte che chiamiamo “ego” e che da fuori si esprime nel condensato di una personalità che in effetti non è la sua vera natura .

La coscienza immaginativa e la coscienza ispirativa (mediate, rispettivamente, dal corpo eterico o “temporale” e dal corpo astrale o “animico”) ampliano e approfondiscono l’autocoscienza poiché integrano la coscienza dell’Io quale realtà “solida”, con la coscienza dell’Io, a un primo livello, quale realtà “liquida” e, a un secondo, quale realtà “aeriforme”. Solo con la coscienza intuitiva dell’Io, in quanto coscienza immediata, si ha perciò la piena e spirituale autocoscienza.

L’essere non è dunque - come afferma Kant - “altro dal pensare”, bensì è un altro pensare: un pensare dinamico (“immaginativo”) che può essere portato a coscienza soltanto da chi si conquisti la capacità d’integrare l’ordinaria e spenta mediazione del cervello fisico con quella vivente del cervello eterico.

Raffaele ha detto...

Ma che cos’è il “cervello eterico”? E’ forse qualcosa di simile al cervello fisico, ma di natura più tenue o più fine? No, il cervello eterico è una realtà vivente o “fisiologica” (un “campo di forze morfogenetiche”), e non una “cosa” o una realtà “anatomica”: ovvero, è la totalità o l’insieme delle attività o dei processi che si svolgono nel cervello fisico, ma che non sono svolti dal cervello fisico.

Dice appunto Steiner: “Se volete risalire all’attività che sta a base del pensiero, vedrete che dall’anima tale attività fa presa sul cervello e si esplica nel cervello. E se dall’anima elaborate una certa attività nel cervello, si produce in questo un rispecchiamento tale per cui si percepisce” un determinato pensiero. Questa è la chimica trascendentale di Paracelso come di tanti grandiosi INIZIATI di ogni tempo che attraverso il rito dell’ACQUA e del FUOCO hanno innalzato la loro COSCIENZA oltre l’ordinario, oltre L’IMMAGINARIO a quella COSCIENZA COSMICA che passa per ogni GEOMETRIA SACRA che ci mostra il DIVINO INTELLETTO (lo spirito, il padre,) ed il DIVINO AMORE (l’anima, la madre) che vanno in manifestazione entrambi attraverso IL FIGLIO che rappresenta il QUATERNARIO di quella ricercata coincidente CONSAPEVOLE COMUNIONE che lo porterà alla Divina MAGNIFICENZA, all’IO SONO Uno con il TUTTO perché TUTTO E’ NEL TUTTO come sopra sotto.

(1-> 2 1+2=3 -> 1+3 = 4 (l’uomo) 1+2+3+4=10)

Carissima Amica Mia, forse mi sono scodato di raccontarti quando un giorno mi ero immerso nei boschi della mia cara amata Etna alla ricerca di quei profumanti funghi. Quel giorno è stato rivelatore per il mio infranto/ridestante cuore che cercava i perché della vita. Quel giorno, ho incontrato una BELLISSIMA SAGGIA VOLPE. Timoroso per non destare le sue giuste paure, addolcendo i miei pensieri con poche sincere parole mi sono avvicinato. Ci siamo fermati a circa un metro ed in quell’attimo fra i miei lacrimanti ed suoi amorevoli/furbi occhi una VIBRANTE ETERNITA’ è passata in un solo momento fra la mia anima e la sua. La stessa coincidenza significativa che dopo, come travolto da un benevolo vento rigenerante, mi avrebbe condotto ai sentieri illuminati della tua preziosa isola e soprattutto della tua celata preziosa persona che accogli nel suo bel calice interiore tante bellissime affini immortali anime…

Tengo anche a precisare che sull’ANALISI COMPARATA e sulla GEOMETRIA SACRA il nostro assai erudito amico Gaetano Barella va ben oltre quella normale lineare coscienza collettiva. E’ come dire che ha molte marce in più per sondare le realtà trascendentali oltre che surreali.

Paola Tassinari ha detto...

Caro Piero,
avevo pensato , visto la latitanza dal blog,che tu avessi usufruito delle vacanze per farti un viaggetto...sei quasi un piccione viaggiatore, immagino che avrai fatto anche delle belle foto, che vedrò volentieri( se tu vorrai), forse saranno altrettanto belle ed interessanti ( così viaggio un po' anch'io)come quelle che hai fatto in India.
Ti aspetto, mi hai promesso che seguirai le ultime puntate del Gilles.
Sono contenta per te, perchè dal modo in cui mi hai lasciato il saluto, ti sento in forma.
Ciao e buon ritorno al lavoro.

Paola Tassinari ha detto...

Caro Raffaele,
grazie per la tua visita, come sai sono attratta fortemente dall' occulto, mi piace di più chiamarlo l' invisibile, il magico, ma sono come un gatto maldestro, curioso e pauroso, in più mi immedesimo e col pensiero immagino e credo a ciò che mi raccontano solo per uno scopo: un mondo migliore dove scorra l' amore così come scorre l' acqua, qualche volta questo brivido l' ho sentito, ma purtroppo se lo senti una volta , dopo lo vuoi ancora.
Ciò che ti scrivo è per dirti che ciò che tu mi insegni, mi attrae ma sono ben lontana dal comprenderlo, certo che mi piacerebbe che l' immagine nello specchio, così come il pensiero potesse divenire oggetto, ma non è possibile, mi hai però regalato un pensiero nuovo:...e se l' altro mondo fosse come uno specchio?
Perdona le mie schiocchezze...e la volpe lo sapevi che si mette la sua grande e bella coda davanti alla bocca per respirare aria più calda?Lo fa per scaldarsi.
E Gaetano è la persona più più più tutto che io conosca, è anche molto dolce ed è un Maestro.
Ciao Raffaele e perdona la mia pochezza.