domenica 28 luglio 2013

CARMEN E JACINTO



CARMEN e JACINTO  
Non molto distante dal bar che gestisco, hanno allestito, fra le critiche degli abitanti, un campo nomadi. Fra i variopinti personaggi sopraggiunti vi era anche Carmen, una zingara sedicenne, dire bellissima è dire poco, già sposata con un coetaneo e madre di un bimbo. In pochi anni Carmen, sfornando figli come conigli, ha perso molto della sua bellezza, ma non il carattere indomito.
Quando è nata l’ amicizia tra noi, non saprei dirlo, era sommessa, ma fluida come un fiume.
Quando gli zingari entravano nel bar, era caos, era difficile rimanere impassibili, vedere i bimbi sporchi e mezzi nudi, sgranocchiare cioccolato e patatine e bere coca cola, mentre i genitori andavano a cognac e vino. Occorreva tenerli d’ occhio, perché normale ed istintivo era per loro infilarsi ogni genere di merci sotto i lunghi sottanoni colorati. Di solito sono le donne che rubano, gli uomini osservano ed agevolano la fuga.
Un giorno il marito di Carmen alzò le mani su di lei, io a volte non riesco a rimanere impassibile, mi frapposi fra lei e il marito, viso a viso, occhi negli occhi, intimai all’ uomo:  “Se alzi ancora le mani su di lei, telefono ai carabinieri e ti denuncio”.
Lo zingaro rispose:- E’ mia moglie, faccio quello che voglio – poi scoppiò a ridere e tutto finì lì.
Da allora qualcosa cambiò, Carmen iniziò a raccontarmi qualcosa di lei e del suo modo di vivere, io non ero più una “gaggia”( cioè una paurosa, una non degna), mi fece vedere pomposamente che sapeva leggere ( in realtà sillabava).
Iniziai a sgridarla per come teneva i figli.
Un giorno, era il 13 dicembre, nevicava, era freddissimo. Carmen entrò nel bar coi figli ed il marito. I bimbi erano completamente nudi e scalzi. Mi arrabbiai talmente tanto, furente alle scuse di Carmen che cercava di spiegarmi che era per ” temprarli”.
Pochi giorni dopo si venne a sapere che al campo nomadi era morto un bambino di 15 mesi per stenti e sevizie, fra le quali anche bruciature di sigaretta.
Sconvolta iniziai a bombardare di telefonate e fax la Circoscrizione perché facesse qualcosa.
Contattai Carmen, era allarmata perché aveva paura che le istituzioni togliessero i bambini anche a lei, cercò di spiegarmi che la morte del piccolo era dovuta ai bimbi più grandicelli, una specie di circolo vizioso, in cui il grande rifaceva quello che aveva subito da piccolo. Carmen giurava e spergiurava che ai suoi bimbi stava attenta.
Qualche mese dopo, Carmen tornò a trovarmi, era col marito, le avevano portato via i figli, erano in un istituto, stava andando a trovarli.
Le dissi: “ Capisci che è per il loro bene, basta con questa vita di stenti, non è più tempo, ti devi adeguare, tuo marito può lavorare, puoi lavorare anche tu, dimostrate che potete cambiare, vi ridaranno i figli, le istituzioni vi aiuteranno “.
Era addolorata, il marito cercava di scherzare, ma Carmen era triste, triste.
Dopo sparatorie, corse folli in auto, incendi e la morte del piccolo, il campo nomadi è stato chiuso. Gli zingari non erano riusciti ad integrarsi, il loro più grande handicap non è neanche perché vivacchiano rubacchiando, ma l’alcol. Quando sono in preda all’alcol non sono più gestibili, pagano il loro non adeguarsi con un’ inquietudine latente che li porta a sbronzarsi. Chi di loro tenta di affrancarsi è dagli altri del gruppo considerato un traditore e perciò per loro, disintossicarsi è ancora più difficile.
Pochi giorni fa è entrato nel bar il marito di Carmen , con fare strafottente si è rivolto a me: “Carmen è una scema, si è fatta mettere la catena come un”gaggio”, vive in un appartamento, lavora e sta coi figli, schiava dell’ assistente sociale, puah, figli ne poteva avere quanti ne voleva e prima o poi sarebbero tornati anche gli altri, puah , e intanto buttava giù whisky con occhi dolenti.
Perché tu non ce l’ hai fatta Jacinto?  
Perché tu non ce l’ hai fatta Jacinto?
Perché  hai sentito il bisogno di dirmi che Carmen si è adeguata?
Mi credi che la gioia che ho provato per Carmen è stata offuscata dal dolore che sento serpeggiare in te?
Quando siamo diventati amici Jacinto?
Dopo lo scontro che abbiamo avuto perché tu eri manesco con Carmen, ne abbiamo avuto un altro.
Eri entrato al bar, in gruppo con gli altri come te, mi avevi sottratto sotto gli occhi due bottiglie di cognac, senza che io me ne accorgessi; mia madre, controllava ogni cosa, quando voi uscivate, se ne accorse subito di ciò che mancava ed iniziò la solita litania sulla mia “svagatezza”. Esasperata dai suoi rimbrotti, vi ho rincorso, in bicicletta, vi ho raggiunto intimandoti di ridarmi le bottiglie, altrimenti avrei sporto denuncia.
Tu Jacinto me le hai riportate, furioso mi hai detto che se ti avessi denunciato, avresti dato fuoco al bar e poi saresti scomparso, tu sapevi come fare. Io ti ho risposto così:
- Ma bene, così non solo furto, ma anche ricatto, e pensare che quando hai bisogno che ti legga ciò che è scritto sul “foglio di via” o parlare al telefono col tuo avvocato per spiegare cosa combini, vieni da me, mi hai detto che ti fidi di me, non si fa così, non si ruba agli amici, anche gli zingari hanno un codice d’ onore . Se vuoi guerra, sia, ti denuncio anche per ricatto-.
Tu Jacinto sei scoppiato a ridere.
Il giorno dopo sei venuto con il capo degli zingari, tuo fratello, perché siete figli di una regina, non so di quale etnia perché  io certe cose non le ricordo. Hai raccontato il fatto, ed il capo ha dato la ragione a me, non si ruba a chi ha dimostrato amicizia e coraggio, non si fa questo fra gli zingari. Da allora non hai portato più via niente, non solo tu ma anche gli altri.
Io Jacinto sono un’ inguaribile ottimista quindi aspetto, un mese, un anno, aspetto che tu passi a trovarmi con la tua famiglia, perché è quella la strada giusta Jacinto.

9 commenti:

ilcuorecomeilmare ha detto...

la vita degli zingari immutabile anche se le generazioni si susseguono nel tempo. Ho sempre ritenuto sia gente che mai potrà integrarsi col tessuto sociale in cui decidono di stare. Quindi in ogni parte del mondo, sopratutto in stati lassisti attraverso leggi punitive/rieducative.
In questo racconto di uno spaccato di vita vera hanno messo in risalto come l'uomo puô essere da solo, allo stesso tempo, pure le istituzioni, sopratutto il psicologo a tutte le ore fino a diventare amicizia rispettosa del tutto.
Buona domenica Paola!

Paola Tassinari ha detto...

Buona domenica Cosimo?

Gaetano ha detto...

Cara Paola, la storia di Carmen e Jacinto mi ha attirato per dire alcune cose sugli zingari che forse mi riguardano da vicino. Comincio dal mito di Agharti la presunta e leggendaria loro terra d'origine.
Agharti è l'antichissima capitale di un misterioso Regno sotterraneo che sorge sul principale incrocio delle correnti energetiche terrestri, o forse è Agharti stessa a generare questi fiumi di energia arcana che percorrono tutto il pianeta e si diffondono in superficie irraggiati dai megaliti, straordinarie costruzioni risalenti ad epoche remote fatte di enormi blocchi di pietre disposti in cerchio od in modo prestabilito onde richiamare occulte connessioni astronomiche e cosmiche. Agharti costituisce il mezzo, immobile ed immutabile, del Dharma Chakra, la Ruota della vita e della legge della tradizione Indù, alla cui rotazione è legato il destino dei mortali. In effetti alcuni studiosi localizzano in estremo oriente il luogo ove Agharti potrebbe essere ubicata. Agharti esiste sia sul piano fisico, sia in un'elevatissima dimensione mistica e solo pochissimi illuminati hanno la possibilità di accedervi. Per evitare che il male vi penetri, essa è tenuta isolata dal mondo della superficie da vibrazioni che offuscano la mente e rendono invisibili le porte di accesso: per questo motivo i non iniziati che l'hanno cercata non sono mai riusciti a trovarla. Meglio per loro: i comuni mortali che, per una ragione o per l'altra, riuscissero a varcare uno dei suoi ingressi incontrerebbero lo stesso destino di un re della dinastia dei Malla che si perse con tutto il suo seguito nelle immense gallerie, o di un cacciatore che riuscì ad entrarne ed uscirne ed ebbe la lingua tagliata dai Lama affinchè non raccontasse cosa aveva visto. Esiste un solo popolo che è nato nelle profondità di Agharti e ora vive in superficie: è quello degli Zingari, che furono cacciati dal Regno sotterraneo. Di Agharti conservano la memoria genetica - lo riprova il loro vagabondare senza fine alla ricerca di una patria che non potranno mai rivedere - e certe facoltà magiche, come la capacità di predire il futuro e leggere la mano.
http://www.rosacroceoggi.org/pagine.esotertiche/agarthi.htm
Vedi seguito.

Gaetano ha detto...

Seguito
Dal punto di vista di chiunque, la concezione di un mondo sotterraneo può risultare inverosimile per permettere la vita di esseri. Tuttavia, se si ragiona in termini di corpi occulti dell'uomo, oltre a quello corporeo esteriore, dei quali si occupa la filosofia yoga, si capirà che la vita cosiddetta "sotterranea", ossia occulta alla normale coscienza umana, è concepibile. Si tratta appunto del mondo astrale noto ai cultori di esoterismo.
Come immaginare di vivere "mescolati" ad altri esseri incapaci di avere rapporti con noi esseri viventi e noi con loro.
Il fatto di aver intravisto e disegnato poi, attraverso le svariate conformazioni topografiche di centri urbani ed altro terrestre, immagini surreali di configurazioni umane, animali ed altro, che tu sai, mi ha portato a convincermi sulla ipotesi della veridicità della suddetta vita "sotterranea" risalente - mettiamo - al mito di Agharti. È possibile, perciò, considerare "porte" d'accesso al regno di Agharti tutti i miei elaborati che definito surrealtà terrestri e anche zodiaci terrestri in rapporto a quelli stellari. Il fatto di poter "vedere" queste "porte" non mi permette però di valicarle. Come il potere della magia incarnata negli zingari che non comporta alcuna possibilià di rientrare nel loro antico regno di Agharti.
Tuttavia io credo che, se solo anche ad altri viventi si aprissero gli occhi per "vedere" al pari di me, la vita sulla terra cambierebbe in bene.
Mi sovviene la quartina II,20 delle Centurie nostradamiche che sentenzia su questo evento:
Fratelli e sorelle in diversi luoghi prigionieri, / Si troveranno passare accanto al Monarca: / Contemplare i suoi rami attivi, / Dispiacenti al vedere il mento, la fronte, il naso, i marcati.
Un caro abbraccio, Gaetano

Paola Tassinari ha detto...

Gaetano tu me ne avevi già parlato, ma vedi mio nonno mi issò su un asino e io più che dalla terra ho preso dall'asinello.
Un forte abbraccio, sei sempre nei miei pensieri, anche perchè il tuo anagramma è TeaGano, se io ho già salvato uno squartato vivo il prossimo di Magonza toccherà a te, svelare la verità già scritta da qualche parte.
Bacetti...tanti.

Soffio ha detto...

Ma cosa hai combinato ???? un bacione fresco estivo

Paola Tassinari ha detto...

Boh... Ciao Soffio

Adriano Maini ha detto...

Un racconto che é tutto un vibrante romanzo di vita vera. Non saprei tentare risposte per i problemi di fondo che questo squarcio di esperienze pone sul tappeto.

Paola Tassinari ha detto...

Adriano, è una storia vera.
Ciao.