lunedì 30 maggio 2011

NESSUNO


Salmo. Paul Celan

Nessuno ci impasta più di terra e argilla,
nessuno alita sulla nostra polvere.
Nessuno.
Lodato sii tu, Nessuno.

Per amor tuo vogliamo
fiorire.
Incontro
a te.

Un nulla eravamo, siamo, rimarremo, fiorendo:
la rosa di
Nulla, di Nessuno.

Con il pistillo animachiara,
lo stame cielodiserto,
la corona rossa
della parola purpurea che cantammo
su, oh sulla spina.

Zona di neve, inalberata, fino all'ultimo,
nel vento ascendente, dinanzi
alle baite defenestrate
per sempre:
sogni radenti spazzano
sullo striato ghiaccio;
sbozzare
le ombre di parole, accatastarle
attorno all'arpione
nel tonfano.



immagine di Teoderica

venerdì 27 maggio 2011

DALL' ALBERO ALLA CROCE

Dall' icona dell' albero deriva quella della croce, simbolo di vitalità in diverse culture. La forma richiama quella umana ma anche un' aspirazione ad ascendere al cielo . Secondo la tradizione la croce di Cristo era fatta dello stesso legno dell' albero del peccato di Adamo ed Eva. La croce uncinata o svastica , legata alla simbologia nazista, in origine aveva un significato vitale : indicava infatti la vita nel sole. Un altro significato era quello dell' unione degli estremi ( le punte degli uncini si rincorrono) quale allegoria dell' eterno ritorno . L' Ankh o croce ansata è invece un antico simbolo sacro egizio : indica la reincarnazione. La croce celtica è un' allegoria della forza bellica , usata in difesa di una civiltà.

immagine di Teoderica

mercoledì 25 maggio 2011

IL PERNO DEL MONDO

L' organo sessuale maschile è un simbolo di vita diffuso sin dalla preistoria . Dagli obelischi egizi ai monumenti di Delo, fino ai monoliti nel nord Europa, la posizione eretta è segno di vita prolifica, forte, fertile. Nella città biblica di Canaan, i re usavano mangiare il pene del predecessore per assimilarne il potere vitale. La stessa pratica del cannibalismo è un simbolo di vita. Nutrirsi di un corpo , equivale ad assimilarlo. Dal fallo nasce anche la simbologia dell' albero della vita. Tra gli aborigeni australiani i nomadi Achilpa portano sempre con sè un palo istoriato , che piantano ad ogni accampamento : per loro è il centro del mondo. Legato alla fertilità della terra è anche l' aratro simbolo di prolificità maschile : nella Cina classica , ogni nuovo imperatore arava il terreno nel rito di insediamento.



immagine di Teoderica

domenica 22 maggio 2011

L'ACQUA E' VITA

Fin dall' antichità , l' acqua è emblema di vita. L' acqua del battesimo introduce a una nuova esistenza. Dalla simbologia dell' acqua nasce tra l' altro l' abitudine di gettare le monete nelle fontane : nelle mitologie pagane europee , le divinità venivano infatti propiziate attraverso piccoli doni. Per i Romani era oggetto di culto la fonte dedicata alle Camene , perchè si riteneva che le sue acque avessero il potere di risanare gli infermi. In Gambia le donne con problemi di fertilità si immergono ancora oggi negli stagni del " coccodrillo sacro" . Possiamo associare l' acqua alla luna e al suo ciclo , all' influenza che la luna ha sulle acque anche a quelle amniotiche e come ogni bambino esce dalle acque amniotiche per vedere la luce , così la vita sulla terra è nata dall' acqua. Vi è la sorgente d’acqua viva, la fontana risanatrice, lo scaturire di uno zampillo con proprietà speciali. Oppure il viaggio sul mare, che esprime l’impresa densa di incognite di colui che prende contatto con il proprio inconscio: un viaggio che non si sa, il più delle volte, ove porti.
... e l'acqua

E l’acqua
fresca nasce
fa ruscelli
scende
casca sui sassi
scroscia
e frusciando
fa il fiume.








E l’acqua
sciolta nuota
nelle valli
e lunga e lenta
larga
silenziosa
luminosa
fa il lago.








E l’acqua
a onde muore
non muore mai
e muore
non muore mai
e muore
mentre immensa
fa il mare.

R. Piumini




Immagine di Teoderica

giovedì 19 maggio 2011

I DIFETTI NOSTRI , I DIFETTI ALTRUI

.Giove ci impose due bisacce: ci diede dietro le spalle quella (la bisaccia) piena dei propri difetti, sospese davanti al nostro petto quella dei vizi altrui. Per questo motivo non possiamo vedere i nostri difetti; non appena gli altri sbagliano siamo giudici severi. 

 immagine di Teoderica

martedì 17 maggio 2011

HO UN DIAVOLO PER CAPELLO


"Rabbia. L' emozione che non sappiamo controllare ", è il titolo del libro che il neurologo Rosario Sorrentino e la giornalista Cinzia Tani hanno pubblicato con Mondadori.
Nel libro, Sorrentino affronta l' origine di quello che definisce: "un' emozione che sta avvelenando la società contemporanea, e che si evidenzia in ogni contesto, da quello privato, a quello politico, a quello dello sport e a quello mediatico". E' una forza oscura e potente che, all' improvviso, può impadronirsi di te e spingerti a dire o fare cose che non avresti mai pensato di dire o di fare.Poi quando la rabbia si esaurisce spesso è troppo tardi per rimediare ai danni che ha provocato.Le notizie che apprendiamo dai mass media ci confermano il diffondersi di tragedie apparentemente nate dal nulla, ci si può uccidere anche per un posto di parcheggio auto. Sorrentino ci dice che cosa accade quando nel nostro cervello interviene uno stimolo che fa scattare rabbia o paura: "la chiave per comprendere il funzionamento della nostra mente consiste nel riconoscimento dell' estrema plasmabilità e duttilità del cervello umano, che si adatta ad ogni possibile situazione e propone di volta in volta le soluzioni più adeguate per affrontarle grazie ad un giusto compromesso tra la sua parte più istintiva e animale ( l' amigdala), responsabile delle emozioni primordiali, e quella più razionale e saggia ( la corteccia prefrontale) preposta al giudizio critico e al controllo delle reazioni impulsive". Quando questo equilibrio viene a mancare ci sono le esplosioni di rabbia.
I tempi veloci di oggi spingono il cervello ad agire subito, senza soffermarsi a pensare, ad usare sempre più spesso l' amigdala, a scapito della corteccia prefrontale.
La soluzione, per Sorrentino, per evitare l' involuzione e la progressiva scomparsa del velo sottile ( è la parte più" recente "del cervello, ma pare che nelle ultime generazioni il velo si stia assottigliando) della corteccia prefrontale, è una società empatica, in cui le persone provino ad immaginarsi nei panni degli altri, una società meno narcisistica , dove l' io sia sostituito dal noi.


immagine: Rabbia di Teoderica

sabato 14 maggio 2011

L ' UMILE PUO' ESSERE ALTISSIMO




Possono gli ortaggi comporre un ritratto umano?
L’Ortolano”, olio su tavola del 1590, custodito al Museo Civico di Cremona, l’effigie è quella di una scodella color verde scuro, ricolma di vari tipi di verdura, ma basta capovolgerla perché diventi un volto rozzo e paffuto. Bisogna capovolgere e capovolgersi per vedere l’altro lato della realtà.Questa è l' arte strana e meravigliosa del pittore milanese Giuseppe Arcimboldi( o Arcimboldo come a volte si firma).Arcimboldi può sicuramente essere considerato uno dei degli artisti lombardi più estroso del XVI secolo. Nato e morto a Milano (1527-1593), visse anche a Vienna e Praga. Arcimboldi reagisce alla monotonia della tradizione rifugiandosi nella fantasia, non ignora la realtà ma parte da questa, utilizzandone i suoi elementi, per organizzarli in maniera del tutto differente da come si presentano in natura. L’arte di Arcimboldi si trova a cavallo di un momento storico molto particolare: la crisi e la conseguente fine dell’umanesimo quindi le sue opere possono essere interpretate secondo due strade differenti. Una prima nella quale l’uomo non è più centro razionale dell’universo ma è ridotto a cosa; o viceversa è l’ultima esaltazione dell’uomo, sintesi di ogni oggetto creato dalla natura. Arcimboldi fu molto apprezzato dall’imperatore alla corte di Praga, dove esistevano le Wundernkammern (sale delle meraviglie), strane raccolte di oggetti mostruosi o paradossali.E’ davvero profondo e radicale il mutamento di linguaggio artistico avvenuto in Arcimboldi dal momento del suo trasferimento a Praga. Dalle figurazioni classiche degli arazzi e delle vetrate disegnate per il Duomo di Milano, alle originalissime soluzioni figurative delle composizioni di frutti, di fiori, di animali, di piante, di oggetti che formano volti ed immagini, il divario è enorme. Ma cosa è avvenuto a Praga al nostro pittore Arcimboldi ? A Praga c’era la corte dell’imperatore, ma c’era anche il ritrovo prediletto degli alchimisti e dei Rosa Croce, e tanti altri che resero negli anni questa città il centro dell’esoterismo europeo, al punto di conquistarsi l’attributo di città magica. Per questa via ed acquisendo questa conoscenza Arcimboldo elaborò la sua tecnica: scomporre la realtà in parti, trasformare queste parti, a loro volta in organismi che avessero un senso simbolico rispetto al quadro generale, e ricomporre infine la realtà, come un mosaico, utilizzando le nuove tessere che aveva creato. Uno scomponi e ricomponi che affascina e meraviglia grandi e piccoli, per parte mia, la prima volta che ho visto un lavoro di Arcimboldi sono rimasta a bocca aperta per un bel po'.Arcimboldi ebbe una grande notorietà ed uno stuolo di imitatori. Seguì un secolare silenzio finchè, all' inizio del "900 , i Surrealisti individuarono nelle sue opere uno dei principi della loro arte: conferire nuovo significato ad un oggetto attraverso l' assemblaggio di elementi estranei.


immagine:Ortaggi in una ciotola (L'ortolano) - rovesciato
immagine:L'ortolano (Ortaggi in una ciotola) - diritto

mercoledì 11 maggio 2011

MAGGIO A PALAZZO SCHIFANOIA







Nella fascia superiore è raffigurato Apollo sul carro trionfale trainato da cavalli.Apollo dio del sole, fratello di Artemide, ha la corona in testa e nelle mani l' arco ed il globo, egli sta ritto mentre Aurora , la dea che annuncia l' arrivo del mattino, guida il carro. A sinistra un gruppo di poeti, a destra una schiera di fanciulli nudi, la loro grazia e bellezza evoca la stessa sensibilità che si trova nella cantoria di Luca della Robbia a Firenze.Sul fondo le nove Muse, Apollo è il loro protettore, con accanto la fontana dell' amore o della giovinezza e Pegaso il più famoso cavallo alato. Secondo il mito, nasce balzando fuori dal collo della Medusa quando l'eroe Perseo taglia la testa al mostro. Il mitico cavallo viene utilizzato da Zeus, il padre degli dèi, per trasportare le folgori fino all'Olimpo.

Nella fascia mediana è il segno zodiacale dei Gemelli, sopra di essi un uomo inginocchiato con le braccia incrociate, seminudo ma con le scarpe ai piedi, le quali sono dello stesso colore delle scarpe della figura a lato, un elegante precettore che ha davanti a sè un adolescente inginocchiato, forse a significare la scelta di una vita contemplativa. L' altra figura, pure seminuda ha le scarpe rosse , uguali a quelle della figura accanto. La figura ignuda sta suonando una tibia , strumento simile al flauto e simbolo fallico, mentre l' altra ha arco e frecce, questa parte sembra rappresentare la vita attiva.

La parte inferiore fu quasi per intero distrutta nel "700. Rappresentava Borso che riceve un cesto di ciliegie( frutto di maggio e simbolo di felicità terrena) da un contadino. Sullo sfondo i contadini falciano il fieno.
La mano di Francesco del Cossa, è qui felice e queste figure, assieme a quelle di marzo ed aprile sono armoniche e frizzanti

domenica 8 maggio 2011

NARCISO AMA NARCISO

La simbologia del narciso trae ovviamente origine dal famoso mito di Narciso, ragazzo bellissimo ma molto vanesio, mortificava chiunque lo desiderasse. Punito per questo da Cupido, mentre era presso uno stagno desiderò a tal punto la sua immagine riflessa che cadde nell’acqua e affogò. Al suo posto, sulla sponda, nacque appunto l’omonimo fiore. Il narciso, dunque, è sinonimo di eccessiva autostima, esagerata vanità e incapacità di amare.Il narciso è un fiore conosciuto fin dall' antichità. Si trova raffigurato perfino nelle sculture dell' Antico Egitto; quella civiltà ben sapeva esprimere il suo pensiero attraverso i simboli.

Anche Omero cita il narciso nelle sue famose opere e lo si trova pure descritto in altri classici greci. Ci sono numerose varietà di Narciso e giunchiglie. La chiave di lettura del mito è il "rischio del fallimento". Un fallimento genera nell’individuo un sentimento di dolore, che istintivamente egli debella rifiutando di correre questo rischio: c’è il rifiuto della sofferenza, che esclude a priori la possibilità di avere un successo, per non rischiare il fallimento.

La psicologia ha visto in ciò il rifiuto di un confronto con altri volti, e quindi con gli altri, che hanno la capacità di mettere in discussione l’Io che si mette in relazione, distogliendolo dall’amore per sé e focalizzando la sua affettività verso l’altro.

E’ significativo che Narciso si innamorò della sua immagine solo dopo aver respinto l’amore di Eco, la ninfa che non ha l' uso consapevole della parola. L’innamorarsi della propria immagine è interpretato nel mito come una forma di punizione per l’incapacità di amare.

A livello culturale il Narciso può essere inteso: come una perdita di valori umani. Viene a mancare l’interesse per l’ambiente, per la qualità della vita, per i propri simili.

Una società che sacrifica l’ambiente naturale al profitto e al potere rivela la sua insensibilità, per le esigenze umane.

Come vedete il mito di Narciso sembra calzare ai tempi odierni.

Freud parti dall’osservazione che in origine il termine Narciso era riferito a quei soggetti che derivano una soddisfazione erotica dalla contemplazione del proprio corpo, si accorse che molti aspetti di questo atteggiamento potevano essere riscontrati nella maggior parte delle persone, quindi pensò che il Narciso potesse far parte del normale decorso dello sviluppo sessuale. Altri studi più recenti ci dicono che i narcisisti hanno una naturale inclinazione a proporsi come capi, ma che, una volta messi alla prova, non riescono a portare a termine i propri compiti. “Tanto fumo e niente arrosto”: i narcisi non sono efficienti. Il narcisista avrebbe un egoico amore per sè infantile e infruttuoso. E allora se il narciso è così negativo, come ci dice la psicologia e come è in uso nel linguaggio corrente, perchè il mito punisce Narciso trasformandolo in un fiore stupendo e profumatissimo? Il narciso ha sei petali bianchi a significare la purezza di un cuore amico e sincero, aperto e disponibile, solidale e fiducioso. Il colore giallo della "corona", rappresenta il colore dell' umanità ; il velo di colore arancio che dipinge sovrapposto la stessa "corona" richiama invece il sole. Io vedo il narcisista come un' asceta o un monaco, egli non si lascia toccare dalle emozioni più forti, resiste al mondo, all' immediatezza per cercare la conoscenza di sè, rinuncia per rimanere libero. Il bellissimo mito, ha per me, niente a che fare con la sessualità (Freud), nè con l' amore per sè stessi, e men che meno con l' ostentazione pornografica del corpo di oggi, un fiore talmente bello come il narciso evoca in noi struggimento, dolore/amore per la bellezza del creato che un giorno , speriamo tardi, lasceremo. immagine di Teoderica

giovedì 5 maggio 2011

A VOLTE BASTA POCO PER ASSAPORARE LA LIBERTA'

Dove stai andando ? Butta via la cartina! Perchè vuoi sapere a tutti i costi dove ti trovi in questo momento? D' accordo: in tutte le città, nei centri commerciali,alle fermate dell' autobus o della metropolitana, sei abituata a farti prendere per mano dalla segnaletica; c' è quasi sempre un cartello con un punto colorato, una freccia sulla mappa che ti informa chiassosamente:" Voi siete qui". Anche a Venezia, basta che alzi gli occhi e vedrai molti cartelli gialli, con le frecce che ti dicono: devi andare per di là, non confonderti, Alla ferrovia, Per san Marco, All' Accademia. Lasciali perdere, snobbali pure. Perchè vuoi combattere contro il labirinto? Assecondalo, per una volta. Non preoccuparti, lascia che sia la strada a decidere da sola il tuo percorso, e non il percorso a farti scegliere le strade. Impara a vagare, a vagabondare. Disorientati. Bighellona.

TIZIANO SCARPA

martedì 3 maggio 2011

AMORE E GELOSIA di GAETANO BARBELLA


AMMORE E GELUSIA

Di Gaetano Barbella

Con Napoli nel mio cuore, sull'amore e gelosia, io credo che non ci sia di più di innamorato napoletano a patire per la gelosia, almeno questo era nel passato, ai tempi del grande poeta Salvatore di Giacomo.

E se capita di innamorati con temperamenti contrari all'insegna, uno del fuoco e l'altra dell'acqua, come effettivamente fu per Salvatore di Giacomo e la moglie Donna Elisa Avigliano, allora è davvero 'nu guaio serio”, un guaio serio, detto in napoletano.

Da un articolo di Angelo Chimienti, “Un amore d'altri tempi”, che ho tratto da internet[1], così si prefigurano Salvatore di Giacomo e la moglie Donna Elisa.

[…] Donna Elisa fu moglie di Salvatore di Giacomo e nessuna biografia di donna fu più influenzata e quasi sublimata nella poesia da lei stessa ispirata. Alcune poesie sono tanto intimamente legate dal poeta alla persona di Elisa Avigliano che servono a scoprire dell'artista, svolte, crisi dolorose e passioni cocenti perché Di Giacomo, dell'amore umano capì tutto e soffri tutto; da poeta ma anche da estraneo. [...]

In quel tempo il "vero amore" era quello che si reggeva su un letto di spine, con le incertezze, quando non esistevano in realtà, tradimenti e perfidie. L'idillio prima del matrimonio durò 13 anni ed insieme furono innamorati "ntussecusi"[2] ed irragionevoli. Salvatore ossessivo nella sua poetica dolente o fantasiosa; Elisa, donna tormentata, riflessiva e concreta. La poesia poi, faceva il resto e della onestissima Elisa il poeta gelosissimo vagheggiava tradimenti e situazioni irreali che servivano solo in parte a placare il desiderio insoddisfatto di possesso. […]

E, naturalmente il nostro poeta di Giacomo non manca di prefigurare con i versi questa amara realtà amorosa che in una poesia, in particolare, ne amplifica la drammaticità al limite di una potenziale tragedia.

In “Tarantella scura” è l'amore e gelosia che tengono banco, lui è tutto fuoco e lei tutta acqua...

TARANTELLA SCURA

Di Salvatore di Giacomo

Tu mme vuo’ troppo bene e si’ geluso,

e i’ nun so’ degna ’e te, ma so’ sincera;

tu te si fatto amaro e capricciuso,

mme lasse ’o vierno e tuorne a primmavera.

E a primmavera vuo’ truvà custante

chi nun ardette maie, manco ll’ està:

no, fedele io nun so’, nun songo amante,

ma nun me dice ’o core ’e te ngannà...

Abballammo! (’O bbi’ c’ ’a gente

rire, sente e tene mente?...)

Tarantella e iariulì!

Tarantella e lariulà!...

(E sta storia malamente

chi sa comme fenarrà!...)

A tte te nfoca ammore e gelusia,

e ’a nera gelusia maie nun se stracqua:

coce sta mana toia; fredda è sta mia,

e simme tale e quale ’o ffuoco e ll’ acqua.

Chi sa qua’ vota lúcere antrasatto

nu curtiello appuntuto aggia vedé!...

Chi sa qua’ vota fenarrà stu fatto

ca i’ cado nsanguinata nnanz’ a te!...

Abballammo!... E nnanz’ ’a gente,

ca ce sente e tene mente,

nuie cantammo: E lariulì!

nuie cantammo: E lariulà!

(Ma sta storia malamente

chi sa comme fenarrà!...)

Traduzione

Tu mi vuoi troppo bene e sei geloso,

e io non son degna di te, ma sono sincera;

tu sei diventato amaro e capriccioso,

mi lasci d'inverno e torni a primavera.

E a primavera vuoi trovare costante

chi non arse mai, neanche all'estate:

no, fedele io non sono, non sono amante,

ma non mi dice il cuore di ingannarti...

Balliamo! (Lo vedi che la gente

ride, sente e si ricorda?)

Tarantella e iarulì!

Tarantella e lariulà!...

(E questa brutta storia

chissà come finirà!)

T'infiamma l'amore e la gelosia,

e la nera gelosia mai si bagna:

cuoce questa mania tua; fredda è questa mia,

e siamo tale e quale al fuoco e l'acqua.

Chissà quale volta luccicherà all'improvviso

un coltello appuntito dovrò vedere!...

Chissà quale volta accadrà questo fatto

che io cado insanguinata davanti a te!...

Balliamo!... E davanti alla gente,

che ci sente e si ricorda,

noi cantiamo: E lariulì!

Noi cantiamo: E lariulà!

(Ma questa brutta storia

chissà come finirà!...)

Brescia, 2 maggio 2011


[1] Da un articolo di Angelo Chimienti. L'amore d'altri tempi. Vedi http://utenti.multimania.it/slltt/unamore.htm

[2] Ntussecuso = velenoso, maligno, attabrighe.

domenica 1 maggio 2011

IN EFFETTI FREUD MI HA ROTTO LE SCATOLE

(Da un articolo di Gianfranco Morra su la Voce)



Poche parole sono alte e nobili come " moralismo". Ce lo dicono tutti i dizionari e ce lo conferma l' uso della parola sino al 1968.
E' con la rivoluzione del risentimento degli anni Sessanta che il termine cambia significato. Ricordiamo tutti come andarono le cose, fu una lotta contro gli "ismi". La famiglia , che non esiste senza autorità, era solo autoratismo; l' agire paterno divenne paternalismo ; la scuola fu accusata di nozionismo ; la chiesa di sessuofobismo; la mascolinità degradata a maschilismo, rigorosamente proibito, al contrario del suo complementare, il femminismo, innalzato agli altari.
Era la precisa strategia di lotta del falso obiettivo: distruggere il genuino chiamandolo con un nome che indica la sua degenerazione. Non per recuperare i modelli autentici, ma per non avere più alcun modello. Come vediamo oggi, in cui, proprio per la mancanza di modelli, famiglia, scuola, parrocchia, politica si vivono momenti di crisi e desolazione. Nel solco di Marx: il matrimonio è prostituzione legalizzata; e di Freud: gratta sotto agli alti ideali, e ci trovi il sesso, anzi le sessuopatie.
Tutti ormai, di sinistra o di destra, se ne servono.E' nato un nuovo sport nazionale, il tiro al moralismo, in appoggio ad un altro sport, il tiro al giustizialismo. Due sport che cercano di nascondere peccati ed anche colpe nella generalizzazione di una fogna morale come costume di tutti.
Ciò che preoccupa in questo avvilimento del moralismo, da alta virtù a meschino calcolo, è l' evidente mancanza, nei nostri concittadini, di forti criteri di valutazione etica.
Una società va avanti fin quando il popolo disapprova moralisticamente, cioè in nome dei principi morali, i comportamenti devianti. Quando non li rifiuta più, quando li fa propri, almeno nell' animo, quando ha perso lo sdegno per l' immoralità,allora è già entrata in ciò che papa Ratzinger chiama relativismo e nichilismo. Contro la quale c'è un solo rimedio: il moralismo quello vero. Non quello che serve solo per distruggere qualcuno o per conseguire vantaggi politici. Che è proprio la caricatura, anzi la prostituzione della morale.

immagine di Teoderica